domenica 10 aprile 2011

Buona Domenica!

VANGELO
Gv 9,1-41
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».
Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu!
Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi.
Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».


In questa quarta domenica di Quaresima contempliamo l’incontro stravolgente del Signore col cieco nato… Ricordate il Vangelo della scorsa settimana? Un Dio-sposo che si mette in cerca di una sposa adultera, non certo per minacciarla o castigarla, ma per riconquistarla rispondendo ai suoi ripetuti tradimenti con un’offerta d’amore ancora più grande, capace di passar sopra a qualsiasi sbaglio pregresso grazie allo Spirito di misericordia senza confini che soffia dal Padre su ogni creatura… L’amore divino non va meritato, non dipende dalla situazione o dal comportamento del singolo, ma è un dono gratuito ed inesauribile che viene riconosciuto a ciascuno senza condizioni e, soprattutto, senza alcuna garanzia di effettivo cambiamento, ma soltanto sulla base del bisogno di essere benvoluto proprio di ogni uomo! È il caso della samaritana, che al pari della moglie fedifraga del profeta Osea viene immediatamente perdonata dal Maestro Gesù ed addirittura invitata ad un nuovo viaggio di nozze (Os. II, 16), per scoprire una buona volta di poter contare sull’amore di un Dio compagno di vita e non già sull’incubo di un despota celeste che ti svilisce secondo il proprio capriccio (“mi chiamerai marito mio, e non mi chiamerai più mio padrone” - Os. II, 18), ed è ovvio che “là canterà” (Os. II, 17), avendo finalmente conosciuto la bellezza divina… È, ancora, il caso del cieco nato, che commentiamo oggi. Vedete, amici, questi personaggi che il Vangelo di Giovanni ci pone di fronte in queste domeniche non sono delle simpatiche figure fini a se stesse, raccontate a tutti noi per dovere di cronaca… Non sono in discussione la samaritana ed il cieco nato, ma noi che ascoltiamo questa Parola, qui ed ora, fedifraghi come la donna incontrata al pozzo e spiritualmente accecati e bisognosi di luce come il protagonista di oggi, che lo sappiamo o no, che lo ammettiamo o meno! Siamo ormai giunti a metà della Quaresima: che il Signore ci aiuti, in questa seconda parte del cammino verso la Pasqua, a non vivere gli stimoli evangelici in modo scontato e superficiale, ma a trarre sempre spunto per cambiare sul serio qualcosa nella nostra esistenza, io per primo…, trasfigurandola alla luce del progetto di Dio.

Nel brano di oggi, Gesù restituisce la vista ad un cieco nato, mandandolo a lavarsi nella piscina di Siloe, che significa “Inviato” e dunque rappresenta il Nazareno stesso: il Maestro, che si definisce “luce del mondo”, invita questa persona, che non ha mai avuto la più vaga idea di che cosa sia la luce, ad andargli incontro, per capire una buona volta con che razza di Dio ha a che fare. “Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”: quanto bisogno avremmo anche noi di scrostarci di dosso tutta una serie di preconcetti che abbiamo sul Signore e sulla fede, magari inculcatici da un qualche prete o catechista farneticante, come ad esempio quel pazzo di vescovo calabrese che ha interpretato lo tsunami in Giappone come castigo divino su un’umanità impenitente… Quant’acqua occorrerebbe per ripulire quegli occhi di Pastore ottenebrati dall’immagine demoniaca di un dio capriccioso ed inesistente, non basterebbe una piscina intera! Meno male che Gesù si racconta da sé, e ci manda a sciacquare la mente ed il cuore da queste nefandezze così fuorvianti… Ebbene, una volta riottenuta prodigiosamente la vista, questo personaggio comincia subito a scontarla: anzitutto c’è lo stupore dei vicini, coloro che prima si erano accorti della sua esistenza solo perché li disturbava (“perché era un mendicante”), ed ora non lo riconoscono più… Ma com’è possibile? Il Nazareno non gli ha cambiato i connotati, ha soltanto restituito luce ai suoi occhi! Qui l’evangelista ci sta dicendo che quando si incontra sul serio Gesù, da credenti entusiasti e non da bigotti sfiancati, il suo messaggio libera a tal punto da tutti i condizionamenti terreni (denaro, carriera, potere, ecc.) che non si è più gli stessi di prima, ma persone completamente nuove. Di più: una volta incontrato il Maestro, la sua condizione divina, quella vita di misericordia a livelli così alti da essere incorruttibile, è comunicata ad ogni discepolo che lo accoglie (“A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” - Gv. I, 12), il quale dovrà a sua volta riversarla su tutti gli altri; ecco perché, alle domande di chi non lo riconosce, l’ex cieco risponde “Io Sono”… “Io Sono”, Jahvé, il nome impronunciabile perché racchiude l’essenza stessa di Dio!

Ebbene, a questo punto cominciano i veri guai per questo povero miracolato… Per la prima di ben sette volte, gli verrà chiesto come gli siano stati aperti gli occhi. La gente, incapace di formarsi una propria opinione sulla base del buon senso, e del tutto appiattita sulle posizioni dei capi spirituali, conduce questo sventurato dai farisei, l’élite religiosa che si autoproclama l’unica detentrice della vera fede… Il problema è che, per la seconda volta, il Maestro ha guarito qualcuno in un giorno in cui era proibito non solo curare i malati, ma addirittura fare loro visita: il riposo del sabato era di fatto il comandamento più importante, quello che Dio stesso rispettava. Ed ecco che anche i farisei chiedono all’ex cieco come abbia riacquistato la vista: nell’animo di questi strenui devoti non c’è alcuna gioia condivisa per la cecità superata, nessun rallegramento per il fratello risanato, soltanto la curiosità giudicante di sapere come il tutto sia successo, per poi sputare sentenza - come sempre! - sulla pelle degli altri: “Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”… L’unico criterio di valutazione per i farisei è l’osservanza della legge: per il Signore, invece, il solo aspetto che conti qualcosa è il bene dell’uomo; per chi giudica secondo i codici di diritto, Gesù non viene da Dio: fortuna che c’è dissenso, perché qualcuno comincia a chiedersi “come possa un peccatore compiere segni di questo genere”! E tornano alla carica: “Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi”? È questo che disturba la casta curiale, che l’uomo abbia aperto gli occhi… Finché si vive nella tenebra il tempio può fare il bello e il cattivo tempo, assolvere o condannare, accogliere o respingere, salvare o dannare: ma se si vede il volto misericordioso di Dio e si capisce la dignità e la libertà senza confini alle quali ciascuno è chiamato indipendentemente da tutto, allora gli apparati di potere che costituiscono un ostacolo alla diffusione della “luce del mondo”, tempio compreso, cadono come birilli! E l’ex cieco, che a differenza di chi gli sta intorno ha incontrato il Signore, è l’unico a non avere dubbi: “È un profeta”, cioè viene dal Cielo, è di Dio!

A questo punto i capi (religiosi!) del popolo giudeo decidono di coinvolgere anche i suoi genitori, che vengono interrogati in modo minaccioso e mantenendo la debita distanza (“che voi dite essere nato cieco”), com’è tipico del potere prevaricatore, che punta all’autoaffermazione piuttosto che a ristabilire la verità dei fatti (“Che cos’è la verità?”, chiederà a Gesù uno sconvolgente Pilato - Gv. XVIII, 38)… Ebbene, le intimidazioni dell’autorità riescono ad indebolire anche i legami familiari fra genitori e prole; è incredibile, ma questo padre e questa madre, per paura dell’apparato curiale, scaricano la patata bollente sul loro stesso figlio: “Ha l’età, chiedetelo a lui”! E rieccoli alla carica sul poveretto: “Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore”, allìneati al nostro giudizio e te ne torni a casa con ogni benedizione… E la risposta dell’ex cieco è davvero fantastica, una battuta da copione; non è compito suo dilungarsi in questioni dottrinali (“Se sia un peccatore non lo so”), ma deve pur testimoniare la propria esperienza, ed anche se per l’apparato religioso quanto accaduto è negativo, per lui c’è stato un cambiamento in positivo: prima era ottenebrato, mentre ora ci vede! Guardate che è un punto molto importante, si tratta del primato della coscienza individuale sulla dottrina: quest’ultima può dire quello che vuole, e meno male che lo dice, perché è una voce molto importante con cui confrontarsi… Ma l’ultima parola spetta, indipendentemente da tutto, alla propria coscienza e responsabilità; la dottrina cambia e si aggiorna continuamente, negli ultimi cinquant’anni siamo passati dall’inferno eterno per chi fosse morto mangiando carne al venerdì ad una risata liberatoria che faremmo oggi davanti a simili argomenti, e dunque è possibile che quanto attualmente sia considerato peccato domani non lo sarà più perché si riuscirà a porre sempre più al centro il bene dell’uomo anziché le fisime di noi soloni religiosi: ebbene, se la tua esistenza ti dice che l’esperienza che fai è positiva, se ti comunica quella vita piena di misericordia, non-giudizio ed amore gratuito per tutti gli altri insegnataci da Gesù, in ultima analisi è solo questo che conta!

All’ennesima, identica domanda, il miracolato finalmente reagisce (“Ve l’ho già detto e non avete ascoltato…volete forse anche voi diventare suoi discepoli?”), ma ecco che iniziano a disprezzarlo: “Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè”! Le autorità religiose si appigliano a un morto, anziché ascoltare un vivente… C’è Dio che compie segni evidenti lì nei paraggi, ma loro si ostinano a fare riferimento a qualcuno, ormai trapassato, che col Padre avrebbe soltanto parlato. “Costui non sappiamo di dove sia”: il Nazareno viene costantemente screditato dalla religione ufficiale, perché chi ragiona in base alla legge non può incontrare, né tantomeno conoscere nell’intimo il Signore, che è Spirito di misericordia (ricordate che il Maestro lo diceva alla samaritana?) e come tale non può essere intrappolato in nessuna norma! L’unico che lo capisce, ovviamente, è l’ex cieco, che a differenza di questi guru della fede si è lasciato amare da Dio, sperimentandone il tenero abbraccio: dal suo punto di vista, è incomprensibile come la classe curiale non si renda conto di ciò che accade sotto i suoi occhi, questi davvero incapaci di vedere oltre (“Proprio questo stupisce: voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi”)… Il segno compiuto è inequivocabile, ed il miracolato non può trarre conclusione più chiara: “Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”! Le autorità religiose non comprendono la manifestazione divina perché ciò che interessa loro è la difesa ad oltranza della dottrina e dell’istituzione, anziché il bene dell’uomo; pensando di non avere più nulla da imparare, ma soltanto da insegnare, replicano duramente allo sventurato che ha osato contraddirle (“Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?”), e addirittura “lo cacciarono fuori”, cioè lo scomunicano… Ebbene, qui ci riallacciamo all’inizio del brano, dove la malattia era spiegata dal popolo (ma qui anche dai religiosi!) come castigo celeste per i peccati commessi; il Signore Gesù esclude categoricamente tale correlazione (“Né lui ha peccato, né i suoi genitori”), ci spiega una volta per tutte che il mondo fisico ha una sua sfera d’autonomia e che lassù non c’è un demonio che si sveglia di traverso e ci manda il cancro: aggiunge anche che Dio è schierato, e che dunque si fa più vicino e raggiungibile nei confronti di chi è nella difficoltà, nella tribolazione, nell’esclusione da parte dei sedicenti puri (“perché in lui siano manifestate le opere di Dio”). Il nostro protagonista di oggi, cacciato via dalla religione ufficiale, trova la fede, ed infatti il Nazareno buon Pastore, saputo che lo avevano escluso, va subito a cercarlo per sostenerlo (cfr. Ez. XXXIV, 16: “Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia”): i capi religiosi, che l’hanno allontanato, sono in realtà gli unici veri scomunicati!

Buona settimana a tutti,
Matteo Moretti


La sete infinita di infinito della Sposa samaritana, ora, è colma, sazia.
Non ha più vergogna della sua fragilità affettiva, della sua vita disordinata, degli inganni dati e ricevuti pur di avere una goccia d’acqua.
Stagnante.
Ora ha incontrato la sorgente. Ora lei stessa è divenuta sorgente che zampilla per le persone che, prima, non voleva incontrare. Non ci sono ostacoli, ruoli, peccati che la possano tenere lontana dallo Sposo che, stanco, l’ha cercata per amarla.
La sua è una vita passata a nascondersi, per timore di essere giudicata.
Lei è una peccatrice che diviene discepola e testimone.
Come il cieco nato.
Che storia.

Dio ci vede
È Gesù che, passando, vede il cieco nato.
Non grida, il poveretto, non chiede, forse neppure sa chi sia il Nazareno. La sua è una vita fatta di ombre, di fantasmi. Non ha mai visto la luce, come desiderarla? Perché?
E Dio lo vede, vede il suo dolore, il suo bisogno, la sua pena, la sua vergogna.
Vergogna, certo, perché è un innocente che paga i peccati dei genitori. Anzi, forse ha già commesso peccato nel grembo della madre, come sostenevano alcuni rabbini. È Dio che lo ha punito, perché chiedere qualcosa a questo Dio terrificante? Così tutti pensano.
E invece.
Un po’ di fango sugli occhi, e l’uomo torna a vedere.
Gesù, intanto, se n’è andato, non vuole applausi, vuole solo dimostrare che Dio non è quel bastardo che a volte gli uomini (religiosi) dicono che sia.

Il cammino di illuminazione
Inizia un feroce dibattito: chi lo ha guarito? Perché? E perché di sabato?
Molti sono i personaggi coinvolti: la folla, i farisei, i suoi genitori, i discepoli…
Ma lui solo è il protagonista, il cieco che recupera prima la vista, poi l’onore, poi la fede.
Prima descrive Gesù come un uomo, poi come un Profeta, poi lo proclama Figlio di Dio. La fede è una progressiva illuminazione, passo dopo passo, ci mettiamo degli anni per riuscire a proclamare che Gesù è il Signore.
E anche la sua forza cresce: il suo senso di colpa svanisce, acquista coraggio. Interrogato, risponde, quando viene inquisito dai devoti, sa cosa dire. Infine è ironico, controbatte, argomenta. Come può un peccatore guarire un cieco nato? E osa: volete farvi discepoli anche voi? Non ha timore, nemmeno dei suoi genitori, pavidi, divorati dal giudizio degli altri, che si rifiutano di schierarsi, intimoriti dalla tragica logica comune.
È libero, il cieco. Ci vede, ci vede benissimo, con gli occhi e col cuore.

La tenebra
Chi crede di vedere, invece, cade nella tenebra più fitta.
Credono di sapere, i devoti, credono di sapere tutto. Non si mettono in discussione, come il cieco che ammette di non sapere. Loro sanno ed è il mondo, gentilmente, che si deve adeguare alle loro teorie. Prima dicono che il cieco mente, che non è mai stato cieco, poi affermano che Gesù è un peccatore, infine, davanti all’evidenza, perdono le staffe.
L’arroganza non ammette le ragioni degli altri, impone solo le proprie.
Credono di vedere, e sono loro i ciechi.
Accecati dalle loro false sicurezze, non si pongono dubbi. Sanno.
L’evangelista è caustico, nel suo ragionare: chi è il cieco del racconto?

Illuminazioni
È un progressivo cammino verso la luce, la fede. Nessuna apparizione o folgorazione, fidatevi, ma un lento incedere della verità in chi le lascia spazio nel proprio cuore.
Dio vede la nostra tenebra e desidera illuminare la nostra conoscenza, i nostri sensi.
E pone una sola condizione: lasciarci mettere in dubbio, porci delle domande, indagare.
Come il cieco che non sa, che si interroga, che argomenta.
Il rischio, invece, è di fare come i farisei che sono convinti di non avere nulla da sapere, nulla da capire. Sanno, e basta.
Quanti arroganti vedo intorno a me!
Nelle proprie convinzioni politiche, schierati a prescindere.
Quanti arroganti nelle proprie convinzioni agnostiche e anticlericali, atei a prescindere, rabbiosi per principio (fatevi un giro sul web!), intolleranti nel nome di una mal intesa idea di tolleranza.
Quanti arroganti fra noi cattolici, sempre armati, sulle difensive, santamente convinti di dover menare bastonate ai non credenti e, quel che è peggio, ai credenti che dubitano, che si interrogano, proprio come il cieco. Cattolici che si sentono in dovere di difendere la Chiesa a prescindere, scordandosi che essa è santa e peccatrice, sempre in riforma, cattolici che si arrogano il dovere di rilasciare patentini di cattolicità.

Lasciamo che il Signore ci restituisca la luce, lasciamo che la sua Parola ci conduca alla verità tutta intera. Le domande, gli interrogativi, ci aiutino a scoprire in lui il Signore risorto della nostra vita.
(Paolo CURTAZ)

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