domenica 12 dicembre 2010

Buona Domenica!

VANGELO
Mt 3,1-12
In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore,raddrizzate i suoi sentieri!».
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».



Parlare di fede, amici, è sempre più difficile nel mondo orgoglioso ed autosufficiente di oggi, ma allo stesso tempo mi sembra sempre più urgente e necessario… In una società che ci trasmette continuamente modelli negativi e però appaganti, dove le donne devono essere un po’ facili e gli uomini un minimo mascalzoni per poter emergere ed avere successo, quando l’insoddisfazione - magari anche nascosta all’esterno, sennò ci rimettiamo la faccia… - dilaga nei cuori e ci induce a far passare per eroe un povero cristo, certamente già accolto dall’amore di Cristo, che beato lui è riuscito a liberarsi da questo schifo di vita...è allora che diventa importante scoprire di essere al centro di un rapporto d’Amore, non mordi e fuggi come quelli che vanno di moda, ma radicato nella storia universale, di cui è protagonista un Dio che si svela progressivamente agli occhi delle sue creature fin dai tempi più antichi, prima nel contatto coi progenitori nella fede, poi attraverso le parole dei profeti, ed infine - resistenti come siamo a capirlo davvero… - facendosi uomo come noi e condividendo la nostra esistenza terrena, soffrendo ed amando, insegnando e perdonando, fino a una fine che in realtà non era la fine. Nella seconda lettura di oggi l’apostolo Paolo scrive ai Romani: “in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture, teniamo viva la nostra speranza”… E questo Avvento, questa attesa del Dio bambino, altro non è che un tempo da destinare a nutrirci seriamente lo Spirito per poi cambiare nei fatti, consentendo così a tutta l’umanità di ravvivare quella speranza che langue!

È un po’ il messaggio del Vangelo di oggi, che ruota attorno alla figura di Giovanni il Battista: è l’ultimo dei profeti, quello che cede il passo al Dio incarnatosi per rivelarsi una volta per tutte, e l’evangelista Matteo, che parla alle comunità ebraiche, si preoccupa di legarlo ai testi dell’Antico Testamento, ricordando che era stato preannunciato dal profeta Isaia… La sua situazione è del tutto simile alla nostra: “voce di uno che grida nel deserto”, ovvero in un ambiente inospitale ed inanimato, assolutamente impossibilitato a mettersi in discussione! Ecco l’immagine del mondo di oggi, dove siamo tutti ripiegati sulle nostre necessità, sui nostri sogni, sui nostri diritti, e sul più bello ci ritroviamo addirittura incapaci di rapportarci con l’altro… Siamo nell’era dei mezzi di comunicazione a distanza, e non sappiamo più aprirci nemmeno al vicino, trincerati come siamo nel nostro solitario orticello. Ebbene, Giovanni ci dice: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”! Non è certo un invito ad aderire al tempio e ad una religione fatta di pratiche esteriori, ma semmai una più profonda esortazione a convertirsi al Regno d’amore che il Signore ciclicamente ripropone agli uomini nella storia. Gesù stesso, poi, lo confermerà: “C'è qualcosa più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa” (Mt. XII, 6-7)… Giovanni non è un povero complessato che si presta ad inutili sceneggiate di privazione (la veste di peli ed il cibarsi di quanto era a disposizione sul posto era la norma per tutti i beduini del deserto!), ma chiaramente promuove la sobrietà e l’essenzialità a fronte di certa penosa e scandalosa opulenza (di ieri e di oggi), e questo suo invito così brusco, eppure così profondamente sentito e concreto negli obiettivi, sa arrivare al cuore di tutti gli uomini pensanti, a tal punto che “Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui”! La proposta era piuttosto semplice, ma significativa: “si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”, cioè si liberavano dagli egoismi dell’uomo vecchio che era in loro per rinascere alla vita del Regno, scegliendo di cooperare per realizzarlo già qui in terra… Il peccato non è un’ulteriore occasione per far sorgere sensi di colpa e dunque incancrenirsi ancor più nell’immobilismo, ma diventa strumento formativo per imparare a praticare l’amore del Padre: se il Signore è misericordia, e non è altro che questo (cfr. ancora, sopra, Mt. XII, 6-7, che male non fa…), sarò più capace di amare chi sbaglia, anziché impallinarlo come un tordo, nella misura in cui sarò consapevole dell’ampiezza dei miei limiti! Non a caso Pietro diventerà Papa dopo aver rinnegato il Signore ed averci pianto sopra (“Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte". E, uscito, pianse amaramente” – Lc. XXII, 61-62)… Misurarsi col proprio limite aiuta ad essere davvero misericordiosi con tutti, e questo è il minimo sindacale per potersi dire cristiani. Senza, semplicemente, non lo si è!

Fra quelli che accorrevano al battesimo, c’erano anche molti farisei e sadducei, ovvero i sedicenti puri della fede e l’eccellenza della classe sacerdotale, quelli che vivono di preghiere e devozioni e credono per questa ragione di essersi meritati una qualche ricompensa dall’Alto… Le parole che rivolge loro il Battista sono durissime: “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente?”. Quanto è attuale questa esortazione, per la quasi totalità di noi bravi cattolici praticanti, io per primo! Riusciremo un giorno a capire che non è attraverso riti, o medagliette, o radio più o meno pagane che scippano nomi cristiani, o formule trite e ritrite che ripetiamo “in modo che da lassù ci aiutino un po’ di più”, che salveremo il mondo, né - tantomeno - noi stessi? Vorremo finalmente lasciare che la Parola di Dio ci riempia il cuore per cambiarci davvero, comprendendo una buona volta ciò che è essenziale e ciò che è del tutto irrilevante o, peggio, ridicolo? “Fate dunque un frutto degno della conversione”, altro che comode pratiche formali non immediatamente tradotte in fatti… Sennò siamo falsi, ipocriti e velenosi come delle vipere! Giovanni è un grande della fede perché è conscio del suo essere “servo inutile” del Signore (“Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali”), ma anche lui (e a maggior ragione tutti noi) non si è ancora sintonizzato col vero volto di Dio. Colui che viene dopo è Gesù, ed il Battista lo dipinge come uno che protegge chi lo accoglie (“raccoglierà il suo frumento nel granaio”) e distrugge chi lo rifiuta (“brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”), che “battezzerà in Spirito Santo” (i buoni) “e fuoco” (i cattivi)… Il Signore, invece, citando questa espressione, non parlerà più di fuoco per punire, ma soltanto di quello Spirito d’amore che promana da Dio e ci fa vivere in pienezza già qui in terra (“Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni” – At. I, 5)! Gesù proporrà a tutti quanti, puri ed impuri, credenti e non credenti, un Amore divino che non va meritato, ma solamente accolto… E sarà proprio questo a mettere in crisi il Battista, che dovrà faticare (perfino lui…figuriamoci noi!) per comprendere il volto del Dio di misericordia, come vedremo domenica prossima.

Chiediamo al Signore che nessun credente possa mai essere completamente assuefatto ad un’idea di fede fatta di riti e devozioni, magari contornati da un pizzico di superstizione… Perché davvero tutti, ciascuno secondo le proprie forze, ci impegniamo a fare frutti degni della conversione al Dio di Gesù, che - come ho già detto più volte, e ripeterò fino alla nausea- non può essere onorato in alcun modo diverso dall’amore per i fratelli!

Buona settimana a tutti,
Matteo



Basta guardare un notiziario per cadere in depressione: la lotta politica intestina è al calor bianco, la crisi economica stenta a risolversi, le diplomazie internazionali fanno i conti con le proprie brutte figuracce.
Ci fosse un Battista da qualche parte, e ce ne sono, tutti accorrerebbero per sentirsi proporre una via d’uscita, un cammino che porti fuori dal tunnel, che ci ridia speranza.
In settimana è uscito il libro intervista di Papa Benedetto, un’intervista densa, meditata, piena di forza. Lo sto leggendo con attenzione, avverto una serenata speranza in questo papa ottuagenario che ha preso il timone della barca in piena tempesta.
Timido successore di Pietro, nonno incanutito che vuole mandare un messaggio di speranza alla Chiesa spaesata! Come Isaia, come Paolo, come Giovanni il folle di Dio.
Attese
Ci prepariamo al Natale 2010 per essere presi, non lasciati.
Presi dalla sconcertante notizia di un Dio che si fa uomo, di un Dio che rischia tutto diventando un bambino fragile e inerme.
Molti cristiani pensano di essere tali semplicemente perché credono nella venuta nella storia del Signore Gesù; ma non c’è bisogno di essere cristiani per crederlo! Siamo cristiani se desideriamo, nella semplicità e nella povertà del desiderio, che Cristo nasca nei nostri cuori.
Animo, cercatori di Dio, ammaliati da Cristo, affascinati dalla sua Parola, animo!
Uomini e donne ci annunciano la venuta di Cristo nella gloria, mentre a noi è dato di accoglierlo nella storia personale di ciascuno.
Isaia, immenso profeta, sogna un mondo in cui il Messia riporta l’armonia che abbiamo perso per strada. Paolo, alla fine del suo percorso di annunciatore, scrive ai cristiani di Roma invitandoli a tenere viva la speranza a partire dalla consolazione che ci deriva dall’ascolto delle Scritture, scritte apposta per noi.
Certo: la Storia grande è al di sopra e al di là della nostra capacità di comprensione. Ma nel cammino verso la totalità, la Parola e la Profezia ci aiutano a conservare la speranza, nell’attesa che venga il Signore della gloria.
Il grande Battista
Maria la bella, la ragazzina quattordicenne di Nazareth ci insegnerà, in settimana, a dimorare nella fede, giorno per giorno. Maria ci suggerisce di essere pronti, perché Dio viene quando meno te lo aspetti, anche nel nascondimento di un buco di paese come Nazareth.
Oggi Giovanni il folle ci scuote con parole che schiaffeggiano, invece di accarezzare.
Il Battista, con la sua vita, proclama il primato di Dio sulla Storia, richiama tutti ad uscire da una visione stereotipata e immobilista della fede per incontrare l’inaudito di Dio.
Persone ragguardevoli e devote come i farisei sono duramente criticate perché la loro grande fede è rovinata da un ritualismo e da un moralismo esasperato. Giovanni li scuote: non basta fare gesti (audaci) come ricevere il Battesimo per convertirsi, occorre cambiare vista, prospettiva, pensiero, abitudine. È un monito indirizzato a chi, tra noi, è già discepolo: siamo chiamati a interrogarci continuamente sul rischio dell’abitudine alla fede.
Anche la più autentica devozione rischia di sconfinare nell’esteriorità, svuotando la fede dall’incontro con Dio.
Oggettivamente iellato
Giovanni è l’ultimo e il più sfortunato dei profeti: minaccia vendetta e castighi divini, sul modello dei grandi Profeti del passato. Ma i tempi sono cambiati: le persone non si convertono con le minacce o i sensi di colpa, Dio decide diversamente. Giovanni minaccia incendi e roghi, e invece arriverà Gesù a svelare che, invece, Dio non punisce ma ama e perdona e il Messia non spegne la fiammella tremante e non spezza la canna incrinata!
Il volto di Dio che Gesù svela nel Natale è così inaudito e inatteso che Giovanni stesso stenterà a riconoscerlo, così inatteso che il più grande uomo di tutti i tempi dovrà ancora convertirsi, alla fine della propria vita vissuta nell’austerità e nella penitenza.
Profezie
Abbiamo bisogno di profeti, e numerosi profeti ancora abitano le nostre grigie città.
Persone all’apparenza normali e che, pure, sanno parlare in nome di Dio, sanno leggere il presente alla luce della fede. Perché il profeta non predice il futuro (quello è l’indovino!) ma ci aiuta a capire il presente. E Dio solo sa di quanti profeti necessitiamo per riuscire a discernere un percorso di fede nella faticosa vita quotidiana!
Il Dio che il Battista annuncia, il Dio che aspettiamo è il Dio che brucia dentro, che spazza via con forza i timori, un Dio forte e impetuoso! Un fuoco che divampa bruciando le lentezze, divorando ogni obiezione, ogni tenebra, ogni paura. Giovanni ammonisce: non basta rifugiarsi dietro alla tradizione (“abbiamo Abramo come padre!”) o in una fede esteriore, di facciata, di coscienza tiepida (“fate frutti degni di conversione”). Colui che viene chiede reale cambiamento, scelta di vita, schieramento.
Dio - diventando uomo - separa la luce dalle tenebre, obbliga ad accoglierlo.
O a rifiutarlo.
Finché Dio è sulle nuvole, divinità scostante da invocare per chiedere un miracolo o da insultare perché il miracolo non è avvenuto, è un conto. Ma qui parliamo di un Dio neonato!
Un Dio indifeso che frantuma le nostre teorie approssimative sulla natura divina, un Dio mite e fragile, che chiede ospitalità e non vana devozione.
Siamo invitati a riconoscere i profeti intorno a noi, siamo chiamati a diventare profeti.
Non c’è bisogno di vestire pelli di cammello, tranquilli, ma di essere trasparenza di Dio, lasciare che il fuoco che Gesù è venuto ad accendere divampi nell’oscurità della nostra vita e dia luce a chi incontreremo in questa settimana.
Non servono crocifissi al collo o padrepii sui cruscotti per diventare profeti, è sufficiente portare un’unica notizia, che è quella che Matteo mette in bocca al Battista: “Accorgiti che il Regno si è fatto vicino”. Diciamolo a tutti, amici, Dio si è avvicinato, è incontrabile, conoscibile, presente, evidente.
Grande
Grande Giovanni, amico dello sposo, che ci scuoti dalle nostre tiepidezze, che sbricioli le nostre fragili verità, che ridicolizzi le nostre assonnate parole, che giudichi le nostre svuotate celebrazioni!
Animo, fratelli, questo è davvero il tempo di preparare la strada al Signore che viene, questo è davvero il tempo di schierarsi, di accogliere questo Dio sempre inatteso, sempre diverso.
(Don Paolo CURTAZ)

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