Mercoledì 7 dicembre
Mt 11,28-30
Gesù volge ancora lo sguardo alle
folle che lo circondano. Sono quei
poveri, quegli affamati, quei malati,
quegli afflitti, quelle folle sulle quali
si era commosso perché erano sbandati
e dispersi come pecore senza
pastore. Gli sono sempre attorno. E
lui sta volentieri con loro. E, come
travolto dalla compassione, li chiama
tutti a sé: «Venite a me, voi tutti,
che siete stanchi». È il desiderio
struggente di raccoglierli e di non
perderne nessuno. Vede bene che
sulle loro spalle pesa il giogo della
solitudine, della sofferenza, della
stanchezza, dell’abbandono. Per di
più centinaia di minuziose prescrizioni
li allontanano dalla religione che
avrebbe dovuto essere per loro una
speranza. Così diveniva una ulteriore
oppressione. Gesù vuole liberarli da
questi pesi e donare un futuro di speranza.
La liberazione comporta accogliere
il peso soave e leggero del
Vangelo. È il peso dolce dell’amore. È
un peso perché chiede a ciascuno,
anche ai più poveri, di rinunciare
all’amore per se stessi. Ma è soave,
perché l’amore è liberante, libera da
se stessi a allarga il cuore a Dio e agli
altri. Si, il Vangelo ci liberi da tutte le
schiavitù per essere schiavi solo
dell’amore. E Gesù ne è l’esempio.
Per questo può dire a tutti: imparate
da me che sono mite ed umile di cuore.
La mitezza è la qualità dell’amore
di Gesù che contrasta con la durezza
e l’arroganza dell’amore per noi stessi.
Di questa mitezza abbiamo bisogno
tutti. Andiamo incontro al Natale
per accogliere il mite e l’umile nei
nostri cuori.
Mt 11,28-30
Gesù volge ancora lo sguardo alle
folle che lo circondano. Sono quei
poveri, quegli affamati, quei malati,
quegli afflitti, quelle folle sulle quali
si era commosso perché erano sbandati
e dispersi come pecore senza
pastore. Gli sono sempre attorno. E
lui sta volentieri con loro. E, come
travolto dalla compassione, li chiama
tutti a sé: «Venite a me, voi tutti,
che siete stanchi». È il desiderio
struggente di raccoglierli e di non
perderne nessuno. Vede bene che
sulle loro spalle pesa il giogo della
solitudine, della sofferenza, della
stanchezza, dell’abbandono. Per di
più centinaia di minuziose prescrizioni
li allontanano dalla religione che
avrebbe dovuto essere per loro una
speranza. Così diveniva una ulteriore
oppressione. Gesù vuole liberarli da
questi pesi e donare un futuro di speranza.
La liberazione comporta accogliere
il peso soave e leggero del
Vangelo. È il peso dolce dell’amore. È
un peso perché chiede a ciascuno,
anche ai più poveri, di rinunciare
all’amore per se stessi. Ma è soave,
perché l’amore è liberante, libera da
se stessi a allarga il cuore a Dio e agli
altri. Si, il Vangelo ci liberi da tutte le
schiavitù per essere schiavi solo
dell’amore. E Gesù ne è l’esempio.
Per questo può dire a tutti: imparate
da me che sono mite ed umile di cuore.
La mitezza è la qualità dell’amore
di Gesù che contrasta con la durezza
e l’arroganza dell’amore per noi stessi.
Di questa mitezza abbiamo bisogno
tutti. Andiamo incontro al Natale
per accogliere il mite e l’umile nei
nostri cuori.
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