Che razza di credente sei, amico che leggi? E che razza di credente sono, anch’io che ti scrivo?? Il Figlio dell’uomo tornerà sulla terra, questo è sicuro… Meno pacifico, invece, è se troverà ancora la fede, e soprattutto di che tipo! In queste ultime domeniche di Tempo Ordinario, che ci forgiano nel profondo in vista del cammino d’Avvento, siamo condotti alle radici del cristianesimo, alle sorgenti stesse del credere, all’essenziale di quella Buona Notizia che, malgrado tutto, dovremmo sforzarci di annunciare… Ed è forse il momento giusto per fare una vera e propria scelta di campo, radicale e definitiva, che ci veda schierati, finalmente, col Dio di Gesù oppure con quello sgorbio di dio che ci avvelena il cuore.
Ricordate il fariseo ed il pubblicano di domenica scorsa? Due modi diversi per sentirsi credente, uno solo per esserlo davvero. C’è una fede fatta di riti, prescrizioni, giudizi sull’inadempiente ed orgogli per la propria osservanza, tanto da pregare solo “tra sé” senza creare alcun contatto con Dio… Ma c’è anche una Fede altra, profonda, autentica, che muove dalla consapevolezza dei propri limiti per trasfigurarli alla luce della Parola ed abbandonarsi infine alla misericordia del Padre, là dove la preghiera non è altro che il nutrimento dello Spirito per rimboccarsi le maniche nell’anticipare già in terra la giustizia del Regno.
Lo sanno bene i sette monaci francesi che da un tranquillo monastero della Savoia si recano in missione in Algeria e qui rimangono nonostante la recrudescenza della guerra civile… Loro, che hanno conosciuto da vicino il vero Islam, pacifico e dialogante, non se la sentono di abbandonare al proprio destino il villaggio musulmano che vive del loro riflesso per paura del terrorismo, e continuano a violare la regola della clausura pur di garantire istruzione e cure mediche ai piccoli del posto. “Non andate – disse una madre algerina – noi siamo gli uccelli e voi i rami”… Presi in ostaggio per contrattare la liberazione di altri terroristi, saranno ritrovate soltanto le loro teste, mentre il vescovo di Parigi, davanti ai giornalisti, si limiterà a spegnere i sette ceri che aveva voluto sempre accesi in tutte le chiese della nazione, durante una silenziosa cerimonia in Cattedrale che ha commosso nel profondo la laicissima Francia di fine anni ’90. Sette monaci che avevano compreso come l’unico modo per onorare sul serio Dio passi per l’amore incondizionato verso il prossimo, nell’ambito di una vicenda storica ricostruita senza sbavature (né retoriche, né politiche né religiose…) in un film attualmente in programmazione (“Gli Uomini di Dio”) che vi consiglio di non perdere…
Ma, ancor più se possibile, è Gesù a saper bene quello che vuole, e ce ne offre ulteriore conferma col Vangelo di oggi, che ha per protagonista il capomafia di Gerico. Zaccheo non è un pubblicano qualunque, ma è il “capo” di questi strozzini legalizzati, e come se non bastasse è “ricco”, dunque concentra in sé le peggiori idolatrie (potere e denaro) che allontanano da Dio, un individuo davvero irrecuperabile sul fronte spirituale… Eppure è curioso, sa che Gesù è di passaggio, e tant’è vuole vederlo, ma la folla dei credenti DOC, degli arrivati del sacro, lo ostacola, lui che non si merita d’incontrare il divino non avendone la statura morale! Ma Zaccheo non si rassegna, si pone in ricerca, e la sua scaltrezza lo assiste: sale su un sicomoro ed aspetta, “poiché doveva passare di là”… Come il pubblicano di domenica scorsa, è il solo ad avere fede, è l’unico a percepire che la benevolenza del Padre non gli sarà negata pur non meritandola, e vuole accettarla, per rinascere dentro.
Amico che leggi, se senti che il tuo credere vacilla, se dubbi ed interrogativi ti affollano la mente, se la tua religione è più una buona abitudine che un’adesione consapevole, non demordere, per carità, ma investi tempo ed energie nella ricerca di Dio… C’è sempre un incontro che ti cambia la vita, un momento in cui Gesù “giunge sul luogo ed alza lo sguardo”, proprio come succede al nostro Zaccheo, ed allora nulla potrà più essere come prima! Credevi di poterlo trovare tu, ed invece ti stana lui…pensavi di riuscire ad impacchettarlo nelle tue idee, e sul più bello ti tocca cambiare testa e cuore se vuoi seguirlo sul serio e senza farlo sfigurare agli occhi del mondo. “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”! Ma che razza di Dio ti porti nella testa? Questo ti conosce per nome anche se ti senti distante anni luce da lui, e ti invita a scendere per incontrarlo, altro che dover scalare la rocca dei puri… Anzi, oggi si ferma proprio da te che non lo meriti! Come non comprendere la “fretta” di Zaccheo, che balza giù dall’albero per accoglierlo? Come non condividerne la “gioia” che lo riempie, vera e propria cartina di tornasole anche per noi, per capire se crediamo al Dio di Gesù o a una qualche brutta copia, partorita dalla nostra fervida immaginazione e magari instillataci nella mente fin dai tempi del catechismo??
Il Signore è davvero il più grande pedagogo della storia ed oltre… Sa come avvicinare i suoi figli per ricondurli alla pienezza di vita, e la strada maestra che ci indica passa per il non-giudizio, per il non-rimprovero, ma per la frequentazione di chi sbaglia, in modo da accompagnarlo passo passo senza mai sentirsi migliori! Ed ecco la risposta degli ultras della fede, la quasi generalità dei sedicenti credenti, “tutti” i prigionieri della propria (distorta) idea di Dio, che arrivano a giudicare perfino Gesù: “è andato ad alloggiare da un peccatore!”… Malgrado loro, però, la Buona Notizia ha già portato frutto, ed il Zaccheo presunto perduto, che si riscopre amato dall’Alto, cambia radicalmente la propria esistenza, riparando del tutto le prevaricazioni passate e condividendo coi poveri le sue disponibilità! Ecco l’uomo nuovo, liberato dalle schiavitù del potere e del denaro, che si è lasciato contagiare dall’amore di Dio, determinandosi di conseguenza verso i fratelli…ecco realizzato l’obiettivo stesso del Figlio dell’uomo, che “è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto”, e non certo a farsi blandire dai professionisti del sacro. “Oggi la salvezza è entrata in questa casa”, dice il Signore a Zaccheo, proprio come al ladrone con lui crocefisso dirà “oggi sarai con me nel paradiso” (Lc. XXIII, 43)… È Gesù la salvezza, preparata per chiunque si interroghi l’anima mettendosi in gioco, e non è mai troppo tardi! Soltanto chi giudica e non si apre all’amore, verso gli altri e dunque verso Dio, si autoesclude dal paradiso già qui in terra…
Chiediamo al Signore che questa capacità di credere anche in quanto ci possa sembrare impossibile abiti nel profondo ogni cristiano, incentivandolo ad impegnarsi personalmente nella realizzazione della giustizia come Dio la vede anziché rimettersi sempre e solo all’intervento dall'Alto… Perché davvero la tenerezza del Padre, che “si espande su tutte le creature” come recita il salmo di oggi, trovi in ciascuno di noi un credibile canale di trasmissione nei confronti dell’umanità intera!
Buona settimana,
Matteo
È difficile parlare di peccato, difficile e imbarazzante.
Siamo sospesi tra due atteggiamenti frutto del nostro inconscio e della nostra cultura.
Da una parte proveniamo da un passato che aveva bene in mente cosa era peccato, fin troppo. E così la legge di Dio e quella degli uomini si erano lentamente compenetrate e confuse, facendo dimenticare l’essenziale.
Molte delle persone che hanno vissuto tutta la loro vita attente a non peccare obbedivano alla morale comune, più che al vangelo, non erano peccatori perché troppo difficile esserlo in un mondo ipercritico e giudicante. Io non c’ero, ma mi dicono che anche la Chiesa non aiutava a far crescere le persone (Non lo so, sinceramente, se era proprio così).
Oggi, invece, viviamo in un tempo in cui si è abolito per legge il peccato (era l’ora!): la morale comune è ridotta ai minimi termini, cosa è giusto e cosa è sbagliato lo decide la maggioranza, la coscienza, se esiste, si adegui, per cortesia. Severi ed intransigenti con gli “altri” (Ultimamente nel mirino è finita la Chiesa, brutta sporca e cattiva, tutti, nessuno escluso), politici in testa, siamo sempre piuttosto morbidi nel valutare le nostre piccole coerenze (Alzi la mano chi non ha mai avuto la scusa pronta quando gli hanno affibbiato una multa!). Insomma, un bel vespaio.
Consolatevi: c’è di peggio.
Siamo sospesi tra due atteggiamenti frutto del nostro inconscio e della nostra cultura.
Da una parte proveniamo da un passato che aveva bene in mente cosa era peccato, fin troppo. E così la legge di Dio e quella degli uomini si erano lentamente compenetrate e confuse, facendo dimenticare l’essenziale.
Molte delle persone che hanno vissuto tutta la loro vita attente a non peccare obbedivano alla morale comune, più che al vangelo, non erano peccatori perché troppo difficile esserlo in un mondo ipercritico e giudicante. Io non c’ero, ma mi dicono che anche la Chiesa non aiutava a far crescere le persone (Non lo so, sinceramente, se era proprio così).
Oggi, invece, viviamo in un tempo in cui si è abolito per legge il peccato (era l’ora!): la morale comune è ridotta ai minimi termini, cosa è giusto e cosa è sbagliato lo decide la maggioranza, la coscienza, se esiste, si adegui, per cortesia. Severi ed intransigenti con gli “altri” (Ultimamente nel mirino è finita la Chiesa, brutta sporca e cattiva, tutti, nessuno escluso), politici in testa, siamo sempre piuttosto morbidi nel valutare le nostre piccole coerenze (Alzi la mano chi non ha mai avuto la scusa pronta quando gli hanno affibbiato una multa!). Insomma, un bel vespaio.
Consolatevi: c’è di peggio.
Il dentro
Il peggio è il dentro, l’inconscio, la parte profonda che conosciamo solo da poco più di un secolo, grazie all’intuizione di un simpatico studioso della parte nascosta, tale Sigismondo. Da allora si è camminato molto e abbiamo capito le tante influenze della nostra educazione, della cultura, di ciò che si aspettano gli altri da noi.
Alcune persone riescono, e gli riesce facile, a farsi una crosta alta tre dita e spianano tutto e tutti. Altri, più deboli, vivono pieni di paure e sensi di colpa.
In tutto questo è difficile che Dio riesca a dire qualcosa, difficile creare quella sottile armonia che ci avvicini a Dio prendendo coscienza del nostro limite, difficile riconoscere e superare i sensi di colpa, faticoso mettere in minoranza la parte oscura di ciascuno.
La Parola oggi ci viene in aiuto.
Il peggio è il dentro, l’inconscio, la parte profonda che conosciamo solo da poco più di un secolo, grazie all’intuizione di un simpatico studioso della parte nascosta, tale Sigismondo. Da allora si è camminato molto e abbiamo capito le tante influenze della nostra educazione, della cultura, di ciò che si aspettano gli altri da noi.
Alcune persone riescono, e gli riesce facile, a farsi una crosta alta tre dita e spianano tutto e tutti. Altri, più deboli, vivono pieni di paure e sensi di colpa.
In tutto questo è difficile che Dio riesca a dire qualcosa, difficile creare quella sottile armonia che ci avvicini a Dio prendendo coscienza del nostro limite, difficile riconoscere e superare i sensi di colpa, faticoso mettere in minoranza la parte oscura di ciascuno.
La Parola oggi ci viene in aiuto.
La pazienza di Dio
Dio non ama il peccato, non lo conosce neppure, non lo concepisce.
Il peccato è il non-io, il non-Adamo, la parte tenebrosa che finisce col prevalere, il piccolo orco che nasce insieme a noi e che ci tiene compagnia per tutta la vita.
In ebraico la parola “peccato” significa “fallire il bersaglio”, come fa l’arciere inesperto. Così accade e noi, tutti, a dire che il bersaglio è troppo lontano, che l’arco è allentato, che qualcuno ci ha distratto.
Dio, invece, ci tratta da adulti, ha pazienza, ama.
Scordatevi l’idea piccina e demoniaca di un Dio severo assetato di sangue, che giudica duramente le sue creature: egli le ama e sopporta il peccato, come dice la splendida prima lettura, perché pensa che ce la possiamo fare.
Noi ci ostiniamo ad essere dei polli, Dio vede in noi dei falchi che volano alto.
Noi ci ostiniamo ad essere delle fotocopie di improbabili modelli, Dio vede in noi il capolavoro unico che siamo.
Noi nascondiamo i nostri difetti agli altri, Dio vede solo i pregi che egli ha creato in noi.
Insomma, una meraviglia, uno stupore.
È tutto talmente splendido che anche il peccato perde la sua connotazione deprimente.
Chiedetelo a Zaccheo.
Dio non ama il peccato, non lo conosce neppure, non lo concepisce.
Il peccato è il non-io, il non-Adamo, la parte tenebrosa che finisce col prevalere, il piccolo orco che nasce insieme a noi e che ci tiene compagnia per tutta la vita.
In ebraico la parola “peccato” significa “fallire il bersaglio”, come fa l’arciere inesperto. Così accade e noi, tutti, a dire che il bersaglio è troppo lontano, che l’arco è allentato, che qualcuno ci ha distratto.
Dio, invece, ci tratta da adulti, ha pazienza, ama.
Scordatevi l’idea piccina e demoniaca di un Dio severo assetato di sangue, che giudica duramente le sue creature: egli le ama e sopporta il peccato, come dice la splendida prima lettura, perché pensa che ce la possiamo fare.
Noi ci ostiniamo ad essere dei polli, Dio vede in noi dei falchi che volano alto.
Noi ci ostiniamo ad essere delle fotocopie di improbabili modelli, Dio vede in noi il capolavoro unico che siamo.
Noi nascondiamo i nostri difetti agli altri, Dio vede solo i pregi che egli ha creato in noi.
Insomma, una meraviglia, uno stupore.
È tutto talmente splendido che anche il peccato perde la sua connotazione deprimente.
Chiedetelo a Zaccheo.
Piccolezze, piccinerie
Zaccheo è un manager riuscito: ha fatto soldi a palate, grazie all’appalto delle tasse dall’invasore romano. Un usuraio, diremmo oggi, un furbo senza scrupoli come i caimani che squartano la finanza italiana, al centro il profitto, il resto è relativo. È rispettato, temuto dai suoi concittadini: basta un suo gesto e i soldati romani intervengono.
Ma è rimasto solo.
La ricchezza e il potere sono avari di amici e di gratuità.
Zaccheo ha sentito parlare del Galileo, quel tale Nazareno che la gente crede un guaritore, un profeta e, curioso, lo vuole vedere senza farsi vedere.
E accade l’inatteso: Rabbì Gesù lo stana, lo vede, gli sorride: scendi, Zaccheo, scendi subito, vengo da te. Zaccheo è interdetto: come fa a conoscere il suo nome? Cosa vuole da lui? Forse lo ha confuso con qualcun altro? Non importa, Zaccheo scende, di corsa. Perché?
Gesù non giudica, né teme il giudizio dei benpensanti di ieri e di oggi: va a casa sua, si ferma, porta salvezza. Zaccheo è confuso, turbato,vinto: in dieci minuti la sua vita è cambiata, il famoso Jeshua bar Joseph è venuto a casa sua. Si sente ribaltato come un calzino, Zaccheo. Proprio lui cercava Gesù, non si è sbagliato di persona. Proprio lui voleva, non c’è dubbio. Gesù non ha posto condizioni, è venuto a casa di un peccatore incallito.
Zaccheo fa un proclama che lo porterà alla rovina (leggete! Restituisce quattro volte ciò che ha rubato!), ma che importa? È salvo ora. Non più solo sazio, solo temuto, solo potente.
No, salvo, discepolo, finalmente. Lui, temuto ed odiato, ora è discepolo.
Zaccheo è un manager riuscito: ha fatto soldi a palate, grazie all’appalto delle tasse dall’invasore romano. Un usuraio, diremmo oggi, un furbo senza scrupoli come i caimani che squartano la finanza italiana, al centro il profitto, il resto è relativo. È rispettato, temuto dai suoi concittadini: basta un suo gesto e i soldati romani intervengono.
Ma è rimasto solo.
La ricchezza e il potere sono avari di amici e di gratuità.
Zaccheo ha sentito parlare del Galileo, quel tale Nazareno che la gente crede un guaritore, un profeta e, curioso, lo vuole vedere senza farsi vedere.
E accade l’inatteso: Rabbì Gesù lo stana, lo vede, gli sorride: scendi, Zaccheo, scendi subito, vengo da te. Zaccheo è interdetto: come fa a conoscere il suo nome? Cosa vuole da lui? Forse lo ha confuso con qualcun altro? Non importa, Zaccheo scende, di corsa. Perché?
Gesù non giudica, né teme il giudizio dei benpensanti di ieri e di oggi: va a casa sua, si ferma, porta salvezza. Zaccheo è confuso, turbato,vinto: in dieci minuti la sua vita è cambiata, il famoso Jeshua bar Joseph è venuto a casa sua. Si sente ribaltato come un calzino, Zaccheo. Proprio lui cercava Gesù, non si è sbagliato di persona. Proprio lui voleva, non c’è dubbio. Gesù non ha posto condizioni, è venuto a casa di un peccatore incallito.
Zaccheo fa un proclama che lo porterà alla rovina (leggete! Restituisce quattro volte ciò che ha rubato!), ma che importa? È salvo ora. Non più solo sazio, solo temuto, solo potente.
No, salvo, discepolo, finalmente. Lui, temuto ed odiato, ora è discepolo.
Meditando
Dio ti cerca, lui prende l’iniziativa; Dio ti ama, senza giudicarti.
Noi cerchiamo colui che ci cerca. La nostra vita è una specie di rimpiantino, lasciamoci raggiungere, finalmente! Gesù non giudica Zaccheo, lo aspetta.
L’amore di Dio precede la nostra conversione. Dio non ci ama poiché siamo buoni ma, amandoci ci rende buoni. Gesù non chiede: dona, senza condizioni.
Se Gesù avesse detto: “Zaccheo, so che sei un ladro: se restituisci ciò che hai rubato quattro volte tanto, vengo a casa tua”, credetemi, Zaccheo sarebbe rimasto sull’albero.
Dio precede la nostra conversione, la suscita, ci perdona prima del pentimento, e il suo perdono ci converte: è talmente inaudita e inattesa la salvezza, che ci porta a conversione.
Dio ti cerca, lui prende l’iniziativa; Dio ti ama, senza giudicarti.
Noi cerchiamo colui che ci cerca. La nostra vita è una specie di rimpiantino, lasciamoci raggiungere, finalmente! Gesù non giudica Zaccheo, lo aspetta.
L’amore di Dio precede la nostra conversione. Dio non ci ama poiché siamo buoni ma, amandoci ci rende buoni. Gesù non chiede: dona, senza condizioni.
Se Gesù avesse detto: “Zaccheo, so che sei un ladro: se restituisci ciò che hai rubato quattro volte tanto, vengo a casa tua”, credetemi, Zaccheo sarebbe rimasto sull’albero.
Dio precede la nostra conversione, la suscita, ci perdona prima del pentimento, e il suo perdono ci converte: è talmente inaudita e inattesa la salvezza, che ci porta a conversione.
Ai discepoli
Eccoci, amici, discepoli. Chi vuole seguire Rabbì Gesù batta un colpo, scenda dall’albero, si schieri. Non importa chi sei, né quanta strada hai fatto o che errori porti nel cuore.
Non importa se scruti il passaggio del Rabbì per curiosità.
Oggi, adesso, Gesù vuole entrare nella tua casa.
Eccoci, amici, discepoli. Chi vuole seguire Rabbì Gesù batta un colpo, scenda dall’albero, si schieri. Non importa chi sei, né quanta strada hai fatto o che errori porti nel cuore.
Non importa se scruti il passaggio del Rabbì per curiosità.
Oggi, adesso, Gesù vuole entrare nella tua casa.
(Don Paolo CURTAZ)
1 commento:
Utilissime queste analisi, molto serie ma simpatiche e facili da leggere.
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