VANGELO
Mt 5,1-12
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Le vicende politiche che riempiono le prime pagine dell’informazione nelle ultime settimane, amici, si commentano da sole, e non voglio aggiungere un’ulteriore voce a parole già dette. Il credente, tuttavia, non può mai abbandonarsi allo sdegno, scandalizzarsi ad oltranza o gettare la croce della condanna, anche fossimo davanti ai peggiori dei fratelli… Il discepolo bigotto, falso più di Giuda, sa piegare la volontà di Dio ai propri repressi istinti di rivincita sugli altri e sul mondo, trasformandosi in un arbitro inflessibile, in un censore rigoroso, per giudicare impietosamente chi sbaglia. Credetemi, non c’è nessuno che sia in grado di far soffrire più crudelmente il prossimo di chi - poveretto - pensa di agire così in nome di Dio! Ho vissuto e tuttora vivo questo scempio divino su una pelle che mi è così vicina da farmi male ancor più della mia, e tutto ciò non è lecito, non va bene, mai, nei confronti di chiunque… Secondo Gesù, almeno. “Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati” (Mt. VII, 1-2)… A volte ho l’impressione che certe pagine del Vangelo siano state sbianchettate - tanto per richiamarci ad altri episodi politici - perché pare che nessuno ne conservi memoria! Siamo tanto assuefatti dal biascicare stanche formule nel tempio, che ci dimentichiamo il primo ed unico comandamento del Signore, che ci ha ripetuto alla nausea, perché finalmente entrasse nella testa dura che ci ritroviamo: “Misericordia io voglio e non sacrificio” (Mt. XII, 7). Riusciremo mai, amici, a vedere il mondo con gli occhi di Dio? Capiremo che ogni uomo, anche il più compromesso, anche il più squalificato, è già amato dal Cielo così com’è, ed è chiamato alla santità, tanto come te, tanto come me? Lasceremo finalmente da parte questo grottesco sentirci superiori per comprendere che il vero discepolo è immagine della benevolenza del Padre nei confronti di chiunque, senza riserve, senza eccezioni? Ciò non significa che va bene tutto, ovviamente… Ma che vanno bene tutti, questo senz’altro! Anche il profeta ci racconta così il Signore: “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all'ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio, e non uomo; sono il Santo in mezzo a te, e non verrò nella mia ira” (Os. XI, 8-9)… “Neanch’io ti condanno” dice Gesù all’adultera, dopo aver ripreso coloro che volevano lapidarla col famoso “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra” (Gv. VIII, 3-11)! Vedete, amici, non è la coerenza che ci salva (solo un presuntuoso oltre ogni limite potrebbe pensarlo), né la pratica religiosa, né la preghiera a chili o le povere devozioni di cui tanto (anzi troppo) ci preoccupiamo… Ciò che ci salva, in fondo, è unicamente la misericordia di Dio, che come discepoli siamo chiamati a riversare su tutti i fratelli, nessuno escluso! Ecco a che cosa dobbiamo una buona volta convertirci, noi aspiranti cristiani, noi Chiesa intera… Dalla logica dello sputar sentenza, ridicola e demoniaca, alla logica di un Amore che non c’è bisogno di meritarsi, perché irradia ogni uomo così com’è.
Ma veniamo al Vangelo di oggi, che - vedrete - è tutt’altro che scollegato da quanto detto fin qui… È un brano fondamentale, forse il più importante di tutta la Scrittura, perché è la guida più completa per farsi discepolo, contiene sul serio l’ABC della fede cristiana (e non è pubblicità occulta!) e, sia pure a passo d’uomo, ci apre pienamente gli occhi sul divino. Il Dio che si è svelato una volta per tutte in Gesù è troppo meravigliosamente nuovo, troppo incredibilmente misericordioso, troppo innovativamente sganciato da ogni prescrizione per poter essere accolto negli schemi dell’antica alleanza, nei modelli di relazione col Cielo meditabonda e pedantemente regolamentata tipici del passato… Proprio come Mosè per ricevere le tavole di un’alleanza basata sulla legge, Gesù “salì sul monte”: non per ricevere qualcosa da Dio, ma per inaugurare personalmente la nuova alleanza, Lui che è il “Dio con noi” (Mt. I, 23)! Mentre Mosè, il servo del Signore, ha promosso un’alleanza fra dei servi ed il loro signore basata sull’osservanza delle leggi, Gesù, che non è il servo di Dio, ma il figlio di Dio, propone una nuova alleanza, fondata non sull’obbedienza, ma sulla somiglianza al Padre ed alla sua misericordia… Gli uomini non saranno più al servizio di un Signore lontano dal mondo, ma è Dio stesso che viene al mondo facendosi uno di noi, perché gli uomini riversino la sua stessa misericordia su tutti i loro simili! Non c’è volto di fratello in cui si possa evitare di scorgere il Signore… Non esiste più alcun modo serio per onorare Dio che non passi per l’amore del prossimo. Questa è la novità portata da Gesù: non si parla più di comandamenti, presto lievitati da dieci ad oltre seicento grazie alla fervida fantasia dei rabbini, ma resta spazio per un unico precetto, lasciatoci non per la gioia del Cielo, ma per la nostra; è la regola della misericordia vera (e non coartata in una qualche medaglietta scacciaguai…), del non-giudizio, dell’amore di un Padre “che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt. V, 45), senza preferenze e senza meritocrazie, per il solo fatto che stravede per tutti i suoi figli… Se Dio stabiliva l’alleanza con Mosè chiedendo fin da subito “un’offerta per sé” (Es. XXV, 2), e poi lo tratteneva per ben otto capitoli dell’Esodo densi di prescrizioni rituali cui adempiere, Gesù non richiede obbedienza, e si preoccupa unicamente della nostra felicità, indicandocene la strada: le beatitudini altro non sono che il tracciato da seguire per convertirsi alla gioia (e, di nuovo, non è pubblicità occulta!), senza imposizioni o minacce di condanna. La prima, che riguarda i “poveri per lo spirito”, non è una presa per i fondelli che dichiara felici coloro che si ritrovano in condizione di povertà; proprio perché costoro dovranno essere oggetto dell’attenzione e dell’amore dei fratelli, l’invito è quello ad abbassare il proprio livello di vita per consentire agli altri di innalzarlo, essendo tutti più felici: sono beati coloro che, abitati dallo Spirito misericordioso di Dio, liberamente e volontariamente cominciano ad impoverire se stessi, non per andare ad aggiungersi ai troppi poveri che questa società iniqua ha creato, ma per condividere il superfluo con chi ha di meno… La conseguenza di questa scelta sarà per costoro il paradiso in terra, l’abitare il Regno misericordioso di Dio già qui in questo mondo…ecco perché ”di essi è il regno dei cieli”, non fra le nuvole, ma qui ed ora!
Tutte le beatitudini successive dipendono da questa, perché soltanto chi si libera dalle schiavitù terrene e muove i primi passi sulla via della gioia può sperimentare i livelli di felicità successivi. Se non mi faccio misero e mi credo un mezzo padreterno, non potrò mai “mettere il mio cuore in mezzo ai miseri”, seguendo la strada di misericordia indicata dal Nazareno! Gesù si preoccupa subito di chi è insoddisfatto: di te, amico, che non riesci ad accettarti; di te, che ti senti sempre inadeguato; di te, che sei stato caricato di “pesi insopportabili” da qualche perfido solone di curia (Lc. XI, 46), e non riesci a liberartene senza soffrirci… Beato te, perché, se anche ora piangi, il tuo destino è la piena consolazione! “Egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dai loro occhi” (Ap. XXI, 3-4)… In un mondo che ti stimola a difenderti con le unghie e con i denti, a mostrare sempre i muscoli e a rovinarti vita e salute pur di ottenere quanto ti spetta…beati i miti, cioè coloro che pur avendo delle buone ragioni da far valere, sanno soprassedere, guardando a ciò che è davvero importante su questa terra, ovvero la misericordia per chi sbaglia, unica giustizia di Dio. Ecco la chiave di lettura per le due beatitudini successive: “quelli che hanno fame e sete della giustizia” di Dio, ovvero coloro che vivono nella misericordia e nel non-giudizio di chi sbaglia, “saranno saziati”, ed infatti “troveranno” quella stessa “misericordia” nel giorno finale! Ed ecco che sono questi “puri di cuore”, questi uomini e donne capaci di amare, come vuole il Signore, anche chi non se lo meriterebbe, che potranno bearsi della vista del Dio misericordioso già su questa terra: nell’aldilà tutti vedranno il Signore, anche chi non è stato puro di cuore, ma coloro che sono abitati dalla sua misericordia e la riversano su tutti i fratelli possono farne esperienza diretta e tangibile fin da quaggiù… Sono questi gli “operatori di pace”, coloro che pacificheranno l’animo di ogni uomo riempiendolo dello Spirito amorevole e benevolo del Padre, e che saranno chiamati “figli di Dio” proprio perché avranno saputo riconoscersi fratelli di tutti gli altri! Ebbene, coloro che accolgono la prima beatitudine (e dunque a ruota tutte le altre viste fin qui), che vedranno trasformarsi gioiosamente la loro esistenza e saranno sempre pronti ad aiutare e ad occuparsi del bene degli altri, proprio questi non andranno incontro agli applausi della società, né dell’autorità religiosa, bensì alla persecuzione… Beati loro, tuttavia, beati davvero, perché a dispetto del tempio (cfr. Mt. XII, 6-7) hanno scoperto qualcosa di ben più importante: sono arrivati all’essenziale, al cuore di Dio, che è un cuore di misericordia; non importerà più nulla, non saranno necessarie approvazioni, né supporti, né protezioni. Accada quel che accada, costoro sono nell’estasi vera, senza pastigliette da rimbambiti, perché contemplano ogni giorno della loro vita la bellezza misericordiosa di Dio che si irradia sui fratelli! Vedete, amici, queste beatitudini sono un grande inno, ma soprattutto sono un invito pressante alla misericordia, ovvero all’essenza stessa del Signore, come unico modo di pensare e di vivere per essere cristiani… Gesù sa bene con chi schierarsi, e non ne ha mai fatto mistero: “non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt. IX, 13)! E noi??
Buona settimana a tutti, ci vediamo venerdì per l’incontro con Donpi!
Mat
Otto affermazioni che sono delle scudisciate, otto asserzioni che, se prese sul serio, ribaltano le nostre prospettive, sconvolgono le nostre (poche) certezze. Forse per questo sono quasi del tutto ignorate!
Beati gli iellati
Gesù indica apoditticamente in cosa consiste la felicità, il senso della vita, la piena realizzazione. Era l’ora, finalmente!
Ma ad una prima lettura si resta spiazzati da ciò che riporta Matteo.
Gesù sembra esaltare la povertà, il pianto, la rassegnazione, la persecuzione...
Ma come? Gesù conferma la terribile impressione che danno molti cristiani di essere delle anime sofferenti e piagnucolose? Gesù avvalora l’idea della vita come di una concatenazione di disgrazie e di un cristianesimo dolorante e crocefisso? Torniamo al cliché del cristianesimo come religione che esalta la sofferenza come strumento di espiazione?
No, fidatevi.
Gesù propone, in realtà, una autentica rivoluzione interiore.
Beati
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Cioè beati quelli che sono consapevoli della loro povertà interiore, del limite che portiamo scolpito nel cuore e che, perciò, cercano altrove, cercano il senso. Ma anche beati coloro che vivono con un cuore semplice, essenziale, trasparente. Beati perché, anche se non se ne accorgono, lasciano Dio regnare in loro.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati coloro che, pur essendo nella sofferenza, sanno volgere lo sguardo oltre l’orizzonte, al Dio che fa compagnia, che con-sola, che sta con chi è solo. Beato chi sa che la vita è inserita in un grande progetto e che se anche la singola vicenda umana può essere avvilente, può essere sconfitta, il grande progetto di Dio avanza. Beato chi scopre che la vita è preziosa agli occhi di Dio, che nessun uomo, mai, è solo e abbandonato, che anche i capelli del nostro capo sono contati (Mt 10,30) e le lacrime raccolte (Sal 56,9), perché il Dio di Gesù protegge i passeri che si vendono per due spiccioli (Lc 12,6). La sofferenza, allora, non è la parola definitiva della vita.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che non cedono alla violenza che portano in loro stessi, che vedono il lato positivo delle persone, che credono nella redenzione dell’uomo. Anche se all’apparenza vincono i malvagi, la storia vera, quella di Dio, passa attraverso le persone che hanno imitato Dio nella sua mitezza compassionevole.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati quelli che non si arrendono all’ingiustizia, che sanno mettersi in gioco, che sono autentici e sinceri, che portano il peso delle loro scelte e dei loro sbagli. Beati quelli che non cedono alla seduzione del compromesso, dell’astuzia malevola, del basso profilo.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati quelli che, come Dio, guardano alla miseria col cuore, che non giudicano sé e gli altri impietosamente, che chiedono responsabilità e coerenza ma che non fanno della giustizia un idolo. Se giudicano gli altri con verità e compassione troveranno verità e compassione per loro stessi.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati quelli che hanno uno sguardo trasparente, che non sono ambigui, che non hanno malizia, che non vedono sempre e solo il negativo, che non passano il tempo a sottolineare l’ombra degli altri per attenuare la propria, la loro purezza diventa una trasparenza da cui poter accedere a Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati quelli che scommettono sulla pace, che sono pacifisti perché pacificati, che non fanno della razza, del paese, della propria religione un idolo. Beati quelli che non solo parlano di pace, ma che la pace la costruiscono giorno per giorno con le loro azioni.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
Beati quelli che si assumono le proprie responsabilità, che non scaricano sugli altri, che hanno il coraggio di pagare fino in fondo le proprie scelte, e anche i propri errori. Beati i discepoli che non rinnegano la loro fede per paura.
Ci sto
Mi convince questa logica. Fatico a viverla, sinceramente, ma ci credo.
Gesù per primo l’ha vissuta, Gesù per primo, coerentemente, ha mostrato che è possibile vivere, sostenuti dallo Spirito, nella logica di Dio.
E di questi tempi, su questa nave che sta affondando, fatta di insulti e di arroganza, di minimalismo etico e di faciloneria morale, Dio solo sa di quanti discepoli che tentano di vivere le beatitudini ci sia bisogno...
(Don Paolo CURTAZ)
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