"Un angelo si è seduto accanto a me e quando mi sono voltata per chiedergli "perché?" ha aperto le sue lunghe e bianchissime ali ed è volato via..." Quell'angelo era mia sorella Alice. Flaviaccia
martedì 24 novembre 2009
La vergine e la puttana /2
Ieri vi ho parlato della puttana come una ragazza che ha deciso col suo cervello di darla a tutti, ma senza mai pretendere nulla in cambio, perché vive la propria vita come una cosa cadùca. Unendo rabbia, rancori, ingiustizie mai digerite e profondo disamore verso se stessa (a volte proprio odio), oltre al disprezzo verso gli altri, specie l'essere maschile: potevo colpire un gatto solo perché maschio, o un cane per lo stesso motivo.... o uccidere un insetto con la certezza di avere ucciso un maschio che mi stava intorno....
Oggi desidero presentarvi la vergine (con la "v" minuscola: non è la Madonna).
Mia sorella Alice ha da sempre considerato la propria sessualità come un dono: da bambina (9-11 anni) vedeva nel proprio sesso come il dono da offrire al suo "principe azzurro". Un po' come ancora oggi si usa nel profondo Sud.
Dopo la sua conversione (in realtà sono certa che lei è nata per essere suora: per fare del bene, per pregare, per aiutare tutti specie chi la respinge e la odia; con una predilezione verso i deboli, i disadattati, gli umili, quelli che nessuno "vede") il dono della verginità è diventata ancora più profondo, visto che aveva trovato il Principe azzurro e che questi non era niente di meno che il nostro Signore Gesù.
Il corpo era un tempio, una chiesa, la casa di Dio: non poteva profanarla nemmeno se avesse voluto.
Questo Dio lo sapeva bene: delle due amiche rapite Alice si era salvata, condannando l'amica Asia al calvario e alla frustrazione della violenza carnale.
Il senso di sconforto che Alice ebbe subito dopo quella disavventura passò da un iniziale senso di inferiorità verso l'amica più sfortunata per poi sfociare verso il senso di gratitudine verso tutte le creature di Dio, sia esse buone (a trovarle!) che stronze. Questi ultime persone Alice le chiamava "i più sfortunati" (non i più bastardi ma i più sfortunati!!!): perché non potevano dimostrare agli altri l'amore che Dio aveva per loro.
Capite perché io non potevo proprio nemmeno assomigliare alla mia gemella?
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