lunedì 28 febbraio 2011

Come uccidere anche i morti: questa è la (in)giustizia tutta italiana

Tortora, dopo 22 anni
ecco un’altra ingiustizia

di Lino Jannuzzi
I giornalisti Jannuzzi e De Gregorio (oggi senatore Pdl) condannati a versare 280mila euro al giudice che inquisì l’ex volto tv, poi assolto. La colpa? Aver raccontato un processo orrore
Ventisette anni dopo l’arresto di Enzo Tortora la seconda sezione civile del Tribunale di Napoli ha condannato Lino Jannuzzi e Sergio De Gregorio a pagare, in solido tra di loro, la somma di 150mila euro, più gli interessi calcolati a partire dal 1991 (in tutto 280mila euro) a favore di Giorgio Fontana, il giudice istruttore che ha gestito l’inchiesta su Tortora e che si era poi dimesso dalla magistratura in polemica con il Csm, che aveva aperto un procedimento disciplinare su di lui e sui due pm del processo Lucio Di Pietro e Felice di Persia (procedimenti che poi finirono nel nulla) e che ora fa l’avvocato a Napoli. In questa veste Fontana aveva già querelato Lino Jannuzzi in sede penale, ne aveva ottenuta la condanna e ne aveva già riscosso un risarcimento di diversi milioni di lire. Sergio De Gregorio, attualmente senatore del Pdl, è stato cronista giudiziario de Il Giornale di Napoli, di cui Lino Jannuzzi è stato direttore, e in occasione della morte di Enzo Tortora, stroncato dal cancro il 20 maggio 1988, aveva scritto un articolo su Tortora, su Fontana e sul processo. Per quell’articolo l’autore e il direttore del giornale sono stati condannati oggi, ventidue anni dopo.
L’INIZIO DELL’INCUBO
Enzo Tortora fu arrestato alle quattro del mattino, mentre dormiva all’Hotel Plaza di Roma, venerdì 17 giugno 1983. Fu portato in questura e vi fu trattenuto fino alle undici, nonostante fosse stato colpito da collasso cardiaco, prima di trasferirlo a Regina Coeli: il tempo necessario perché la notizia del suo arresto si diffondesse e si raccogliesse dinanzi alla questura una folla di giornalisti e di fotografi.
L’ordine di arresto per associazione a delinquere di stampo camorristico era stato spiccato dalla procura di Napoli sulla base delle accuse partite da due «pentiti», Pasquale Barra e Giovanni Pandico. Pasquale Barra, detto «’o animale», è un feroce assassino, famoso per avere ucciso in carcere Francis Turatello, per avergli sventrato a calci il torace e strappato il cuore per poi mangiarselo. Giovanni Pandico «o pazzo», dichiarato psicolabile e paranoico, è entrato e uscito dai manicomi giudiziari, ha sparato al padre, ha avvelenato la madre, ha dato fuoco alla fidanzata, ha fatto una strage nel municipio del suo paese, ha sparato al sindaco e alle guardie e ha ucciso gli impiegati che tardavano a consegnargli il certificato di nascita.
LA GRANDE RETATA
Sulla base delle dichiarazioni di questi due «pentiti», vennero spiccati 855 mandati di cattura e quel «venerdì nero» vennero arrestati assieme a Tortora 412 presunti camorristi (gli altri quattrocento erano già in carcere). Ma 87 di costoro saranno scarcerati perché arrestati per sbaglio, per «omonimia». Comunque la maggior parte degli arrestati sono personaggi sconosciuti e ignoti. Ma l’operazione viene fin dall’inizio presentata dagli inquirenti, e gonfiata dalla maggioranza dei compiacenti giornalisti, come una «crociata», la «guerra alla camorra», il colpo mortale inferto alla «nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo.
Ma gli inquirenti accreditano le voci, sempre amplificate dai giornalisti, che nella rete sono caduti personaggi «insospettabili». Quando si tireranno le somme si vedrà che codesti «insospettabili» si riducono a una manciata di mediocri personaggi, quattro o cinque sui quattrocento arrestati. L’unico personaggio noto e conosciuto e «insospettabile» tra gli arrestati è Enzo Tortora, e questa è la radice delle sue disgrazie e dell’accanimento che si scatena contro di lui. Ed è la ragione per cui la «crociata», lo storico «processo alla camorra», finisce per diventare fatalmente il processo a Enzo Tortora, e come tale verrà vissuto, discusso e ricordato.
Dopo sei mesi dall’arresto Tortora venne messo a confronto con due nuovi «pentiti»: Gianni Melluso, detto «Cha cha cha», che racconta di aver consegnato a Tortora pacchi di cocaina agli angoli delle strade di Milano, e Andrea Villa, che viene introdotto nella stanza dell’interrogatorio con la testa coperta da un cappuccio nero e afferma di aver visto Tortora a Milano a pranzo e a cena con Francis Turatello, di cui Villa faceva il guardaspalle. Mano a mano che si va avanti, e tanto più che mancano sempre più i riscontri, aumenta il numero dei «pentiti» che accusano Tortora. Alla fine se ne conteranno una ventina.
I «PENTITI» A COMANDO
Michele Morello, il giudice che ha scritto la sentenza con cui in appello Tortora verrà poi assolto, ha severamente censurato il sistema con cui i nuovi «pentiti» venivano ammaestrati. Si procedeva così: si prendevano i presunti «affiliati» indicati da Barra o da Pandico o da Melluso, e li si rinchiudeva nella stessa caserma, la famosa caserma Pastrengo, dove erano rinchiusi Barra, Pandico e Melluso, e la notte si lasciavano aperte le porte delle celle, in modo che i nuovi arrivati potessero «fraternizzare», magari banchettando e sbevazzando, con coloro che li avevano indicati, e questi potessero «ragionare» e istruirli e convincerli ad accusare Tortora. Sui giornali di quei giorni si poteva leggere tranquillamente che per Melluso, «Gianni il bello», in caserma era stata allestita una specie di garconnière con ragazze e champagne.
GLI INTERROGATORI
Tortora fu interrogato solo dopo settimane di cella di isolamento. In tutto lo interrogheranno per tre volte. Al primo interrogatorio tirano fuori la storia dei centrini: un camorrista detenuto, Domenico Barbaro, ha spedito dal carcere a Tortora, perché li mostrasse ai telespettatori di «Portobello», certi centrini da lui stesso ricamati in cella. Ma i centrini si persero nei meandri della Rai e non furono mostrati in video. Spuntano allora delle lettere di Barbaro a Tortora in cui il camorrista si lamenta: rivuole indietro i centrini o li vuole pagati. Secondo gli inquirenti è la prova del traffico di stupefacenti: i «centrini» starebbero per «cocaina». Si scoprirà alla fine che le lettere a «Portobello» per conto di Barbaro le ha scritte Pandico, che è stato Pandico a combinare con Barbaro il trucco della trasformazione dei centrini in cocaina e poi a raccontare la storiella agli inquirenti.
Al secondo interrogatorio gli inquirenti si presentano a Tortora, dopo qualche mese, con in mano una «prova schiacciante» della sua affiliazione alla camorra. Nella agendina sequestrata a Giuseppe Puca, detto «’o giappone», uno dei più feroci killer di Cutolo, hanno trovato il nome di Enzo Tortora con due numeri di telefono. A condurre l’interrogatorio è personalmente il giudice istruttore Giorgio Fontana, il cui onore sarebbe stato offeso dall’articolo di Sergio De Gregorio sul giornale diretto da Lino Jannuzzi in occasione della morte di Tortora. Ma un giorno si presenta in procura una signora: mi chiamo Catone Assunta, dice, e sono la donna di Puca, questa agendina che avete sequestrata a casa di Puca non è la sua ma la mia, potete controllare, ci sono i numeri dei miei parenti e delle mie amiche, e questi due numeri dove avete letto «Enzo Tortora», io ho scritto, la grafia è mia, «Enzo Tortona». È un mio amico di Caserta, il prefisso è 0823, provate a chiamare...
Al primo interrogatorio hanno scambiato centrini per cocaina, al secondo interrogatorio hanno letto «Tortora» per «Tortona», al terzo interrogatorio l’inquisizione napoletana porta come testimone Gianni Melluso, un balordo, un ladruncolo di periferia, che ha già collezionato un bel po’ di condanne per truffe e rapine, in genere non riuscite.
IL VALZER DELLE SENTENZE
È sulla base di «pentiti» come questi e delle storie da loro raccontate che, dopo sette mesi di dibattimento e 225 udienze, il 17 dicembre del 1985, due anni e mezzo dopo il blitz del venerdì nero, i giudici di Napoli hanno condannato Enzo Tortora a dieci anni e sei mesi di carcere.
Meno di un anno dopo, il 15 settembre del 1986, Tortora è stato assolto in appello con formula piena. Con lui sono stati assolti altri 131 imputati, che con i 102 assolti in primo grado fanno 233 e con i 70 assolti nel secondo troncone salgono a oltre 300, senza contare gli 87 «omonimi» arrestati e poi liberati: fanno quasi tre quarti della grande retata.
Otto mesi dopo, il 18 maggio del 1987, la Cassazione completerà l’opera, confermando l’assoluzione di Tortora e degli altri 131 e annullando un altro po’ di condanne.
Nel frattempo Tortora era stato candidato dai Radicali alle elezioni europee, quando era ancora agli arresti domiciliari, ed era stato eletto con 800mila voti di preferenza, ma si era dimesso, sollecitando personalmente dal Parlamento europeo l’autorizzazione all’arresto, era tornato in Italia e si era «consegnato» alla polizia a Milano, in piazza del Duomo, la vigilia di Natale.
Un anno dopo la sentenza della Cassazione Tortora morirà, stroncato da un tumore: «In quelle orrende mura del carcere - dirà nell’ultima sua apparizione in televisione collegato dal suo letto nell’ospedale - mi hanno fatto esplodere una bomba atomica dentro...». È il 20 maggio del 1988,e per l’occasione il cronista giudiziario de Il Giornale di Napoli, diretto da Lino Jannuzzi, ha rievocato le vicende del processo. Ventidue anni dopo altri giudici, sempre di Napoli, hanno condannato il cronista e il direttore a pagare.
INSULTATO ANCHE DA MORTO
A Gianni Melluso è andata meglio. Dopo avere calunniato impunemente il vivo, prese a calunniare il morto. Nel novembre del 1992, quattro anni dopo la morte di Tortora, il settimanale Gente pubblicò una sua intervista sotto il titolo: «Gianni Melluso esce dal carcere e insiste: Tortora era colpevole». Dice proprio così: «Io gli davo la droga e lui mi pagava». Le figlie di Tortora sporsero querela per calunnia. Due anni dopo la pubblicazione dell’intervista e la querela, il gip del tribunale civile e penale di Milano Clementina Forleo respinge la querela, condannando le figlie di Tortora alle spese processuali, e motiva: «La sentenza di assoluzione del Tortora rappresenta soltanto la verità processuale sul fatto-reato a lui attribuito e non anche la verità reale del fatto storicamente verificatosi».
Due mesi dopo, l’allora sostituto procuratore generale della Repubblica a Milano Elena Paciotti, che poi sarà membro del Csm, presidente dell’Associazione magistrati e infine deputato europeo nelle liste Pd-Pds, respinge l’istanza di apertura del procedimento con questa motivazione: «L’assoluzione di Enzo Tortora con formula piena non è conseguenza della ritenuta falsità delle dichiarazioni di Gianni Melluso e di altri chiamanti in correità, ma della ritenuta inidoneità delle stesse a contribuire valida prova d’accusa...».
L’ULTIMO SFREGIO
Nessuno dei «pentiti» sbugiardati è stato incriminato, processato e condannato per calunnia. Nessuno dei magistrati che hanno gestito l’inchiesta è stato inquisito e punito dal Csm. Anzi, hanno fatto tutti una splendida carriera. Nessun risarcimento è stato riconosciuto ad Enzo Tortora o ai suoi eredi. Anzi, le sue figlie hanno dovuto pagare le spese per la querela fatta a Melluso. I giornalisti (pochi) che hanno raccontato e denunciato i misfatti del processo sono stati condannati a risarcire lautamente i magistrati «per avere offeso la loro reputazione».

Non è vero che l'opposizione non ha un programma di governo!

E’ ora di smetterla con le prese in giro dell’opposizione e del Pd in particolare per la mancanza di un vero programma di governo con proposte serie e articolate per il rilancio del paese. Finche si scherza va tutto bene ma poi bisogna seriamente ammettere che questo programma esiste ed è di tutto riguardo.
Siamo in grado di pubblicarlo integralmente, d’altra parte si tratta di un’agile cartellina, non certo le 300 e passa pagine del sussiegoso e prolisso programma di Romano Prodi, piuttosto abbiamo a che fare con sfida seria e documentata al governo e a chi lo guida:

Lavoro: Berlusconi lavori al dopo-Berlusconi

Riforme istituzionali: Berlusconi è fuori dalla Costituzione

Welfare: Berlusconi vada in pensione

Giustizia: Berlusconi deve essere condannato

Istruzione, scuola, Università: Berlusconi deve essere bocciato

Politica estera: Berlusconi vada alle Bahamas

Piano Casa: Berlusconi vada a casa

Economia: Berlusconi ceda le sue aziende

Pari opportunità: Berlusconi ha l’opportunità di farsi da parte

Sanità: Berlusconi si faccia curare

Famiglia: Berlusconi si vergogni

Spettacolo: Berlusconi faccia un passo in dietro

Fine vita: Berlusconi faccia un passo avanti

venerdì 25 febbraio 2011

Chi è senza peccato....

E il giustizialista Saviano ha il padre alla sbarra

di Redazione
L’autore di Gomorra, neo-icona della sinistra italiana è alle prese coi guai giudiziari di suo padre, Luigi, medico di base alla Asl di Napoli, sotto processo per un storia di prestazioni inesistenti, prescrizioni e ricette fasulle, rimborsi non dovuti. La difesa: inconsapevole vittima di raggiri altrui
Gian Marco Chiocci - Luca Rocca

L’imbarazzo dell’autore di Gomorra. Roberto Saviano, neo-icona della sinistra italiana, per qualcuno addirittura il suo prossimo leader, purtroppo per lui è alle prese coi guai giudiziari di suo padre, Luigi, medico di base alla Asl di Napoli, sotto processo per un storia di prestazioni inesistenti, prescrizioni e ricette fasulle, rimborsi non dovuti.
I fatti risalgono al periodo 2000-2004, ma il 19 maggio prossimo il tribunale di Santa Maria Capua Vetere (presidente Raffaello Magi, l’estensore della sentenza Spartacus al clan dei casalesi) dovrà decidere se accorpare al procedimento riguardante il papà dello scrittore un secondo filone, nel quale vengono contestati reati che sarebbero stati commessi fino al 2006 e che vede alla sbarra gli stesi imputati per gli stessi reati. Luigi Saviano è imputato, insieme ad altri medici e professionisti, con l’accusa di truffa, ricettazione, corruzione e concussione ai danni dell’Asl. La vicenda, là dove si parla del ruolo dei medici di base, viene così descritta dalla procura che si è battuta per il rinvio a giudizio del genitore dell’illustre figlio e di altri coindagati: «Avevano il ruolo di stilare ricette riportanti prescrizioni fittizie di esami di laboratorio, con l’inserimento di nominativi, corrispondenti a propri ignari assistiti (che non hanno riconosciuto le prescrizioni loro attribuite) su ricettari loro assegnati». L’aggravante sta nel danno patrimoniale, «di rilevante quantità», subito dalle aziende sanitarie locali che, sempre secondo i pubblici ministeri campani, «hanno provveduto alla liquidazione di quanto richiesto». Nelle carte in mano ai magistrati si parla anche dell’esistenza di un vero e proprio «mercato di notevoli dimensioni, ad oggetto la falsificazione e la spedizione di ricette mediche che vengono scambiate con assoluta semplicità da persone che non tengono minimamente conto dei gravi danni arrecati all’Erario».
Nelle contestazioni mosse a Luigi Saviano, nero su bianco si parla del «suo ruolo in seno all’organizzazione, in particolare quello di assicurare ai gestori di tali centri un ingiusto profitto derivante da una serie cospicua di ricette riportanti prescrizioni fittizie di analisi cliniche». Su 54 pazienti interrogati «solo 9 hanno asserito di aver eseguito le diagnostiche loro prescritte, il dato è significativo per dimostrare l’intera percentuale (85 per cento) di incidenza delle false prescrizioni redatte da Saviano Luigi e portate in liquidazione» in centri riconducibili a un altro indagato. I pm hanno ascoltato anche le pazienti del «nonno di Gomorra», che hanno negato di aver mai fatto gli esami clinici che invece risultano realizzati a loro nome.
Un primo esempio. Gli accertamenti ormonali e gli esami allergici di Carmela A. non sarebbero mai stati eseguiti. La stessa donna rivela che «nel 2002 non mi sono nemmeno recata a Caserta per effettuare né prestazioni specialistiche». C’è poi Rosario A. e il suo presunto problema al ginocchio: «Io godo di buona salute in genere – dice il primo - non soffro di particolari patologie per cui debba sottopormi con frequenza a cure o ad indagini diagnostiche». Una seconda donna, Vincenza C., smentisce di aver mai effettuato «indagini ormonali» nel 2002: «Confermo che il mio medico di base è il dottor Saviano Luigi – dice a verbale -, nel corso del 2002 non solo non sono andata a Caserta per fare prestazioni specialistiche» ma «non ho effettuato alcun prelievo di sangue negli ultimi 4 anni in alcun centro della Campania». Nel 2006 l’allora legale di Saviano padre, Marina Di Siena, aveva commentato così l’iscrizione del suo assistito nel registro degli indagati: «Il dottor Saviano è stato in realtà vittima di una truffa, per un episodio che risale a un periodo a cavallo fra il terzo e il quarto trimestre del 2004». Secondo la tesi difensiva, insomma, il padre di Roberto sarebbe una parte lesa di altrui raggiri, essendo all’oscuro di tutto perché ricoverato in un ospedale di Napoli dov’era in cura per problemi infettivi. La parola passa ora al tribunale, anche se il processo sembra destinato a finire in prescrizione. Giuridica, non medica.

Leoluca Orlando spinse un carabiniere al suicidio Ma ora ci fa la "morale"




di Mario Giordano

Mario Giordano
Il portavoce Idv accusa il Giornale di macelleria mediatica. La colpa? Aver fatto il nostro dovere riportando che il padre del guru giustizialista Saviano è a processo per truffa. Inaccettabile la lezione di chi, con teoremi infamanti, spinse un carabiniere al suicidio

Perdinci, Leoluca Orlando Ca­scio ci ha attaccato. Ma sì, se l’è presa con noi del Giornale , ha spostato il ciuffo malvissuto e, af­ferrando carta e penna, ha sfoga­to tutta la sua acidità di stomaco. Ci accusa di «vile dossieraggio», «attacco strumentale», «cattivo giornalismo», servilismo, propensione per i giochi di«fango»e nientepopo­dimeno che «macelleria me­diatica ». Del resto, lui s’inten­de della materia. Macelleria mediatica, do you remember Cascio? Santoro, maresciallo Lombardo, mafia, suicidio. Ne riparleremo tra poco. Per intan­to dobbiamo spiegare ai nostri lettori i motivi di questa inconti­nenza verbale, quest’overdose di insulti di cui ci onora regalan­doci la possibilità di entrare nel prestigioso club dei suoi bersa­gli diretti: attaccò Falcone, at­taccò Sciascia, ora attacca il Giornale .

Sa sempre scegliere bene i nemici, il compare Leo­luca. Dunque il motivo per cui Or­lando s’è sforzato addirittura di scrivere una nota, con grave sprezzo del pericolo e della lin­gua italiana, è la pubblicazione di una notizia. Di più: una noti­zia di reato. Chi l’avrebbe det­to? Sembra uno di quei colmi con cui ci si divertiva da bambi­ni: qual è il colmo per un orolo­giaio? Avere una figlia sveglia. Qual è il colmo per una fata? Avere il colpo della strega. Qual è il colmo per il tribuno dei giustizialisti? Indignarsi per una notizia di reato. Quella notizia stava pubblicata ieri in prima pagina sul Giornale (guarda caso: solo sul Giorna­­le ): il padre di Roberto Saviano, lo scrittore paladino della lega­­lità, finisce a processo con l’im­putazione di truffa e corruzio­ne.

La Procura di Santa Maria Capua Vetere lo accusa di aver compilato, in qualità di medi­co, false ricette e prescrizioni fit­tizie a danno dell’Asl. Cioè sot­traendo soldi ai malati e agli onesti cittadini, che magari poi devono aspettare mesi per ave­re una tac («Che ci volete fare? Non ci stanno soldi per la sani­tà... »). Provate a immaginare: se i presunti responsabili della cor­ruzione fossero stati, per dire, due deputati del Pdl, la notizia non sarebbe stata forse divulga­ta con le fanfare? E Orlando e Saviano non ci avrebbero spal­m­ato su ampie dosi di indigna­zione? E allora perché stavolta s’indignano, al contrario, per il fatto che la notizia viene pubbli­cata? Non ci hanno raccontato che bisogna sempre denuncia­re le piccole e grandi Gomorre? Non abbiamo forse anche noi il diritto, come suggerisce sem­pre lo scrittore-eroe, di «spera­re in un'Italia migliore »?E l’Ita­lia migliore non è anche quel­la, per esempio, in cui i medici non rubano i soldi alle Asl? Per carità: che le accuse siano vere come al solito è tutto da dimo­strare.
Leoluca Orlando, portavoce dell'Italia dei Valori


Ma è singolare che i por­tavoce dei pm sc­ambino all’im­provviso un fascicolo d’inchie­sta per un «vile dossieraggio». Se di «vile dossieraggio» si trat­ta, in effetti, nel caso i responsa­bili sono i magistrati campani. Prego, citofonare Procura. Fra l’altro, dalle Procure di questi tempi abbiamo visto uscire di tutto con grande facili­tà: intercettazioni, verbali, sms. Sono state tirate in ballo persone del tutto estranee e in­nocenti, sono stati pubblicati atti prim’ancora che fossero ve­­rificati, documenti giudiziaria­mente irrilevanti e utili solo al­lo sputtanamento mediatico, sono stati annunciati indagati mesi prima che ricevessero l’avviso di garanzia e mai una volta che i paladini della legali­tà si indignassero per il «fan­go ». Al contrario s’indignano ora, che per il nonno di Gomor­ra s­i sono rigorosamente aspet­tati la conclusione dell’inchie­sta e il conseguente processo. Ripetiamo la parola così maga­ri la capisce anche Cascio: pro­cesso. Do you know , compare Leoluca? Mica sono suggestio­ni, ipotesi, deliri notturni alla Sara Tommasi.

Qui si parla di rinvio a giudizio. E dunque la domanda è una sola: il rinvio a giudizio per corruzione del pa­dre­di Saviano principe della le­galità, è una notizia oppure no? Capiamo che l’ex democri­stiano, ex retino (per il proto: senza c), ex ragazzo di Paler­mo, ex sindaco di Palermo, in­somma ex, e infatti oggi porta­voce dell’Idv, sia difficile capi­re e dunque anche capire che cos’è una notizia. Del resto lo diceva già Falcone, quando Or­lando cominciò a straparlare: «Se sa qualcosa faccia nomi e cognomi, citi i fatti, altrimenti taccia». Purtroppo, non ascol­tò mai il consiglio. Ha continua­to a parlare a vanvera. Pericolo­samente.

Come nel ’95,duran­te quella tragica trasmissione di Santoro, quando attaccò in diretta e senza diritto di replica il maresciallo Antonio Lombar­do, accusandolo di essere al servizio dei mafiosi. Il carabi­niere si tolse la vita pochi giorni dopo, lasciando scritto: «Mi so­n­o ucciso per non dare la soddi­sfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto».E don Le­oluca, con quest’ombra sulle spalle, ha ancora il coraggio di parlare di «attacchi strumenta­li »? Lui, che infamò senza pro­ve, osa definire «fango» la noti­zia verificata di un processo? Possibile? E se dare conto di un processo è «macelleria media­tica »,allora la vita dell’Orlando furioso che cos’è? Un mattato­io? Una carneficina?



COMMENTO: ma quanti moralisti che dovrebbero vergognarsi e sparire dalla visuale pubblica (e dalla vita pubblica) avete in Italia?

Narraci questo, Nichi

Nichi Vendola
di Alessandro Sallusti
Vediamo se il governatore Vendola saprà narrare anche la retata che ha portato all'arresto di un suo ex assessore, ora senatore, del suo caposcorta e di funzionari nominati dal suo governo
«Narrazione» è un termine molto caro a Nichi Vendo­la, governatore della Pu­glia, leader della sinistra radicale, moralista tutto­logo a tempo pieno. Lui non parla, narra. C’è la narrazione della politica, dell’economia, della giu­stizia, del mondo intero. Vediamo se saprà narrare anche la retata che ha por­tato all’arresto di un suo ex assessore, ora senato­re, del suo caposcorta e di funzionari nominati dal suo governo. L’inchiesta, nella quale anche lui è sta­to indagato, riguarda una maxi truffa nel giro della sanità pubblica pugliese. Per la sinistra è un brutto colpo.

Qui non si parla di questioni e di soldi priva­ti, ma di malandrini e de­nari pubblici. Se Berlusco­ni deve essere processato per non aver selezionato eticamente gli ospiti delle sue serate, che si dovreb­be fare a Vendola che è sta­to, nella migliore delle ipo­tesi per lui, incapace di scegliersi gli uomini a cui affidare i soldi e la salute di una intera regione? Non lo vogliamo vedere al­la sbarra ma - se proprio non si può mandarlo a ca­sa - almeno che la pianti di fare il maestrino narra­tore che dà voti a tutti. Ovviamente, per lui var­rà a prescindere la tesi che poteva non sapere (cosa non applicata a poli­tici di centrodestra) che cosa stavano combinan­do i suoi uomini. Probabil­mente era distratto dalle comparsate in tv e da qual­che «narrazione» antiber­lusconiana.

Del resto, a si­nistra, cadono sempre dalle nuvole. Anche se poi, come dimostra il ca­so Unipol, che il Pd si stes­se per fare una banca, Fas­sino e D’Alema l’avevano intuito al punto che già si preparavano a festeggia­re (salvo poi negare tut­to). Ora sarà interessante ve­dere se il Pd concederà l’autorizzazione all’arre­sto per il suo malcapitato senatore Tedesco. Se fos­se coerente dovrebbe far­lo, e anche con un certo entusiasmo. Ma siccome, dicono le malelingue, l’ex assessore è stato messo al Senato proprio per garan­tirgli l’immunità almeno dalle manette, prevedo che il voto sarà sfavorevo­le. Perché da quelle parti sono tutti bravi a stare con i magistrati, ma solo se nel mirino non ci sono lo­ro. D’Alema insegna.

sabato 19 febbraio 2011

La Parola di Dio

Sabato 19 (Mc 9,2-13)

Gesù prende da parte i suoi tre
amici più cari per condurli sul
monte e viene trasfigurato: viene
fatto conoscere nella sua gloria
celeste attraverso un intervento
divino. Tutta la vicenda ha un filo
comune nel dialogo tra le persone.
I tre che sono l’avvio del Nuovo
Testamento, Mosè ed Elia, in
dialogo anch’essi con Gesù, sono
il Vecchio. Pietro dialoga con Gesù,
in risposta alla stessa trasfigurazione.
Il monte della preghiera
e la compagnia degli apostoli
sono il contesto in cui Dio si rivela

venerdì 18 febbraio 2011

La Parola di Dio

Venerdì 18 (Mc 8,34-9,1)

Che vantaggio c’è per un uomo a
guadagnare il mondo intero e
perdere se stesso? E’ il dolore di
Dio, vedere i figli che si perdono:
l’Altissimo è molto riconoscente
a chi lo aiuta a salvare
tutti. La logica del farsi carico
degli altri porta a «perdere la
propria vita». Che ci fai con la
tua vita? Tra le tante possibilità
c’è anche quella di vivere con
generosità e di spendersi «per
causa mia e del Vangelo». La
risposta di Dio sul senso di una
vita donata è chiaro: «la salverà
». Vergognarsi di lui, che ci si
presenta nel volto dei poveri, dei
bambini da educare, dei malati da
curare è il rovescio della salvezza;
un affare in perdita: «farà
vergognare il Figlio dell’uomo,
quando verrà nella gloria».

giovedì 17 febbraio 2011

La Parola di Dio

Giovedì 17 (Mc 8,27-33)

Gesù è la persona che veramente
la gente sta attendendo, anche se
a volte non se ne rende conto.
Pietro lo riconosce a nome di tutti:
è la parte della Chiesa dentro
la società. Anche noi qualche volta
non ci rendiamo conto che la
salvezza che Gesù ci dona è farsi
carico degli altri, quasi sempre
con fatica. Il Figlio di Dio ci ha
dato l’esempio: passione e morte
precedono sempre la resurrezione.
Altre vie sono pericolose, anche
se allettanti non vanno preferite:
«va’ dietro a me satana,
perché tu non pensi secondo Dio,
ma secondo gli uomini». Anche
noi cristiani in questa fase della
storia nazionale siamo fortemente
tentati di pensare a noi stessi,
disinteressandoci degli altri. Stiamo
attenti perché non è secondo
il pensare di Dio.

mercoledì 16 febbraio 2011

La Parola di Dio

Mercoledì 16 (Mc 8,22-26)

C’è davvero bisogno di Gesù che
salva. La cecità del Vangelo ha forte
valore simbolico. Gli occhi del
cieco che tornano a vedere sono la
capacità di comprendere la sua
ggiioorrnnaallee
parola, con fede. Anche il processo
della nostra guarigione avviene
gradualmente. Il cieco viene
preso per mano da Gesù e condotto
fuori dal villaggio. L’incontro
con Gesù fa recuperare la
prospettiva e ci fa scorgere progressivamente
non «alberi che
camminano», ma le persone con
i loro bisogni e la ricchezza che
ciascuno porta dentro di sé. E’
storia interiore, da raccontare con
parsimonia ai vicini, in casa, non
al villaggio globale. E’ tesoro da
condividere con gli amici, non
materia di propaganda. Solo chi
si ferma per comprendere riesce
a capire che la passione gloriosa
rivela la potenza del Cristo.

martedì 15 febbraio 2011

Berlusconi, io non ti ho mai amato

Era il 1994, dicono chi c'era, ed io avevo 3 anni e mezzo.
Con me c'era mia sorella gemella (stessa età! Lo scrivo perché troppe volte mi hanno chiesto quanti anni avessi io e poi, subito dopo, "...e la tua gemella?"), i miei genitori e centinaia di altre persone. Eravamo a Monza e lì c'era anche lui, Silvio Berlusconi.
Non ricordo se fosse Estate o Autunno o quando, mi dicono che a un certo punto, lui si avvicinò ai miei, chiese se poteva prendermi in braccio e lo fece; poi fece lo stesso con Alice che gli sorrise. Lui sorrise a entrambe noi.
Berlusconi ancora non sapeva che pochi anni dopo lo avrebbero processato per "prostituzione minorile".
In fondo anche all'epoca ci sorrise.
E poi lo vedemmo molte altre volte, ci diede la mano, forse un buffetto su una guancia; non abbiamo mai fatto sesso con lui, ma per condannare lui basta solo che la minorenne sia ad Arcore e lui sul globo terracqueo, magari in Arabia Saudita o infortunato in ospedale. No, è sempre colpevole lui. Per qualsiasi cosa, foss'anche l'omicidio di Abele. Le più recenti teorie tendono a escludere dalla colpa Caino  eportano Berlusconi alla sbarra: non era ancora nato? Un alibi che non regge e poi, parliamoci chiaro, "se non lui, chi?"

A mia sorella Alice, l'attuale Premier italiano piaceva molto: diceva che aveva gli occhi buoni, di una persona generosa, attiva e aveva un gran carisma. Lo vedeva come un uomo positivo a cui dare fiducia.
Ma Alice non ha mai avuto l'occasione per dimostrarglielo col voto, moriva a meno di 16 anni.
No, stavolta il colpevole era un cancro allo stomaco, stavolta Berlusconi non verrà indagato per la morte di mia sorella.

A me Berlusconi non è mai piaciuto. L'ho votato (ma non ricordo se erano le elezioni nazionali, regionali, provinciali o... condominiali) e lui ha vinto.
Adesso che sono adulta, vaccinata e, soprattutto, maggiorenne, sto aprendo gli occhi e dico: "ok, Silvio, a me non sei simpatico, però sei l'unico al Mondo che può tirare fuori l'Italia dalla cacca".
La cacca italiana, badate bene, non è opera sua, ma di 50-60 anni di governi "allegri", di stampo bianco-rosso. Non rosa come si sono tinte molte piazze italiane di recente, ma bianco DC e rosso PCI: cioè, sì, dello stesso color rosa di pochi giorni fa. Un rosa scuro, color PD-FLI-CGIL, fancazzista.

Questa lunga premessa solo per dirvi: anche io sono donna, a me sta antipatico Berlusconi ma, finché potrò votare liberamente, lo voterò per sempre. Eppure non mi sento una puttana. Ops, "escort"
Non mi sento violentata da lui, ma da una minoranza di anti-democratici che si fregiano della parola "democrazia" solo nel nome del loro partito. E di moltissimi reggipalle di Di Pietro, arroganti e incivili. E di quasi tutti i mangioni che hanno voluto (o dovuto?) seguire Fini che voleva (o doveva?) leccare là dove anche i sinistri si schifano di andare.
Queste persone sono quelle che mi violentano ogni giorno e violentano voi che siete in Italia.
Aprite gli occhi, vi prego, prima che sia troppo tardi e vi ritroviate.... in un Gulag. O dentro una foiba, che è peggio.

Poi non fate le vittimine verginelle, alzate i vostri culoni adesso e difendetela la vostra libertà adesso, in questo momento. Non quando sarete costretti a rovesciare decenni di tirannia (vera dittatura), coloro rosso (come le toghe di alcuni Magistrati), magari senza più il diritto del voto. O il diritto di votare solo QUEL partito.
Non occorre andare troppo indietro con la storia per rivedere quei momenti.
In fondo basta chiederlo a un amico albanese (si veniva arrestati solo perché la propria TV prendeva un canale italiano!) o alla badante Ucraina. O al vicino ROM.

Auguri Italia, spero di rivederti presto ma temo che mi farà ancora male rivederti così sottomessa ad una minoranza violenta, urlatrice o di PM con l'hobby di infilarti le "cimici" dentro le mutande....

Quella "Italia migliore"
con la bava alla bocca

di Marcello Veneziani
Ho una lectio sull’unità d’Italia, il teatro è pieno ma non si può cominciare perché suona l’al­larme antincendio e ogni volta che lo spengono riprende. Non mi volevano far parlare
Questa piccola storia è l’esempio per­fetto in miniatura di quel che sta suc­cedendo in Italia. Lucera, Teatro Gari­baldi, domenica scorsa. Ho una lectio sull’unità d’Italia, il teatro è pieno ma non si può cominciare perché suona l’al­larme antincendio e ogni volta che lo spengono riprende. Tardiamo, rischio di non parlare, invertiamo il program­ma, prima il concerto. Finalmente l’al­larme cessa. Parlo. Alla fine, gli organiz­zatori mi dicono che hanno beccato un uomo e una donna che azionavano l’al­larme per impedirmi di parlare, perché, a loro dire, «non sono gradito a Lucera».
Chi lo stabilisce il gradimento? Non il pubblico che è numeroso e caloroso nei miei confronti, né il Comune, la polizia, il tribunale. Lo decidono due cretini di sinistra che si arrogano di parlare nel no­me della verità e della città e di decreta­re chi ha diritto e chi no di parlare. In precedenza qui sono venuti scrittori di sinistra come Odifreddi e Boldrini ma nessun cretino di destra è andato a boi­cottare l’incontro. Si vede che il cretino di destra è garbato, e se uno non gli pia­ce, non va a teatro. I due cretini di sini­stra se ne fregano dei diritti della mag­gioranza del pubblico, se ne fregano che la sinistra ha potuto parlare in liber­tà, se ne fregano di quel che dirò, magari criticandomi dopo avermi ascoltato. No, vogliono impedirti di parlare, rifiu­tano a priori che tu esista, e non poten­do eliminarti, ti negano la parola.
Come fanno i giornali di sinistra che fingono che tu, di destra, non esista. Quei due cretini non sono isolati. Ricevo ogni gior­no insulti da cretini di sinistra, per posta elettronica, sui blog, sul sito del Giorna­le , perché non la penso come loro e dun­que sono un venduto; disprezzano pure i miei libri senza averli mai letti. Mi odia­no perché sono di destra e non della de­stra al loro servizio, ma considero prefe­r­ibile questa specie di centrodestra ai lo­ro compagnucci. Ecco, quei due cretini sono un campione perfetto di molta sini­stra di piazza, di stampa, di toga, di nien­te. Con la bava alla bocca e al cervello. Fate un monumento allo Stupido Igno­to, di sinistra; simbolo dell’Italia che Eco giudica migliore.

La Parola di Dio

Martedì 15 (Mc 8,14-21)

Forse anche noi siamo troppo
preoccupati del pane necessario
per vivere. Abbiamo «il
cuore indurito»; siamo incapaci
di affidarci a Gesù, che pure
ha moltiplicato i pani. La tentazione
del lievito dei farisei e
di Erode ci sconcerta ancora.
Nel giudaismo rabbinico il lievito
è l’influsso che deriva da
ciò che è altro da sé e trasforma:
quello dei farisei è l’istinto
malvagio o il loro animo maligno.
Vi sono persone in cui
l’ostinazione è evidente, come
l’incredulità che chiede sempre
segni dal cielo. Per essere
santi, cioè diversi dal modo
d’essere diffuso, occorre guardarsi
dalla corruzione, dall’ipocrisia
che falsa le relazioni;
ma anche dalle fragilità della
cultura dominante. Giova ri-
cordarci che Gesù è con noi nella
barca: non ci lascia soli nella traversata
della vita. Gesù è il pane
bastevole a sfamare ogni uomo:
libera le nostre risorse interiori,
come al cieco del Vangelo anche a
noi rende possibile la fede. E’ necessario
appoggiarsi a lui e alla
sua parola, nella quale rimane presente
nel tempo della Chiesa, che
è quanto stiamo vivendo.

lunedì 14 febbraio 2011

La Parola di Dio

Lunedì 14 (Lc 10,1-9)

Festa dei SS. Cirillo e Metodio,
Patroni d’Europa

Ma anche è... San Valentino: auguri a tutti gli innamoratiiii... ;)

La messe ancora è abbondante e i
miet itori seguitano a mancare.
Questa società cerca la salvezza,
ma solo pochi sono disposti a portare
il Vangelo ai nostri contemporanei.
Si vuol trovare il senso delle
cose, la ragione per vivere, la dignità
che ci fa fratelli del Figlio di Dio,
ma manca chi insegna dove trovare
questi tesori. Non ci sono abbastanza
preti, ma scarseggiano anche
laici cristiani che all’interno della
città dell’uomo siano pronti ad uno
stile di vita che parli da solo di Vangelo.
Gesù manda i 72 discepoli:
nella logica del Regno c’è spazio per
tutte le diversità della terra. A tutti
gli amici di Gesù è chiesto di assomigliargli
un po’. Come ai discepoli,
ci è chiesto di fare la nostra parte
nel mondo delle nostre relazioni.
Non importa se saremo poveri di
risorse materiali; l’unica ricchezza
che conta è d’aver fiducia nella
Provvidenza. Pronti ad aiutare tutti
ma con delicatezza, come ospiti:
nella precarietà, rischiando
di non essere accettati.
Anche noi possiamo portare
in dono la pace.

domenica 13 febbraio 2011

Buona Domenica!

VANGELO
Mt 5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».


In queste prime domeniche del tempo ordinario stiamo leggendo i capitoli iniziali del Vangelo di Matteo, particolarmente ricchi di insegnamento teologico anche grazie all’esperienza personale di Dio fatta dal redattore (cfr. Mt. IX, 9), che si sente chiamare da Gesù malgrado il proprio immorale lavoro di esattore/usuraio, e può dunque comprendere sulla propria pelle quanto siano veritiere e sconfinate l’accoglienza e la misericordia del Signore per tutti i suoi figli, indipendentemente da come stanno al mondo… Ricordate il brano della scorsa settimana? Come Mosè, il servo di Dio, era disceso dal monte con le tavole di una Legge la cui osservanza era posta a fondamento dell’alleanza fra Cielo e terra, così Gesù, che non è il servo di Dio, ma il figlio di Dio, sale sul monte per stabilire Lui stesso una nuova alleanza con l’umanità, basata questa volta sulla misericordia ad oltranza, offerta a tutti senza alcuna garanzia di effettivo cambiamento, perché ogni uomo è amato così com’è. Non devi convertirti per essere perdonato, ma proprio perché il Signore ti vuole bene già nella tua condizione potresti anche decidere di cambiare! “Indipendentemente dalla legge si è manifestata la giustizia di Dio” (Rm. III, 21). Non si parla più di comandamenti cui adempiere, ma di suggerimenti precisi per perseguire la felicità nostra, e conseguentemente anche quella del Cielo… Ecco dunque l’invito alla condivisione del superfluo con chi ne ha bisogno, al non credersi mai abbandonati dal Padre specialmente nei momenti di difficoltà, al soprassedere dal far valere le nostre buone ragioni per poter meglio godere di ciò che conta sul serio nella vita, e così via, tutte esortazioni finalizzate a farci diventare trasparenza della misericordia e della benevolenza del Signore nei confronti di ogni fratello che incontriamo. Al giudizio impietoso, che è proprio del pagano e che purtroppo sembra sempre più connaturale anche a noi pii cattolici, dobbiamo sostituire l’amore incondizionato di Dio per tutte le sue creature, imparando ad intravvedere il volto di Cristo in ogni persona e specialmente nella più squalificata, compromessa, emarginata… Sarà proprio Gesù, del resto, a chiederci conto unicamente dell’amore che saremo riusciti a riversare sugli altri: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”, così come “ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me” (Mt. XXV, 40 e 45)! La misericordia per il prossimo, soprattutto per i più deboli ed attaccabili, sarà dunque il solo metro di giudizio per ciascuno di noi…è, in verità, anche l’unico modo serio per rendere lode ad un Dio di cui magari tanto ci riempiamo la bocca, ma che chiaramente si identifica con coloro che per ipocrita perbenismo tendiamo ad escludere.

Ma veniamo al Vangelo di oggi, che appunto prosegue direttamente dalle beatitudini per rivolgersi a coloro che le hanno accolte, ovvero a quanti si sono portati sull’unica carreggiata possibile per il cristiano del non-giudizio e della misericordia… Ecco, è a costoro che il Signore dice: “Voi siete il sale della terra”. Da che mondo è mondo, al sale è riconosciuto il potere di conservare, per esempio i cibi in mancanza della corrente elettrica e dei congelatori… Nell’Antico Testamento, poi, si legge: “Non lascerai mancare il sale dell'alleanza del tuo Dio” (Lv. II, 13), quindi questo sale che conserva diventa una garanzia di fedeltà nell’alleanza fra Cielo e terra. Gesù, che nelle beatitudini ha appena inaugurato una nuova alleanza con l’umanità basata sull’amore vicendevole, sta dicendo ai suoi discepoli, a quanti lo accolgono sul serio, di farsi garanti col proprio atteggiamento di questa misericordia nei confronti del mondo! In effetti, “se il sale perdesse il sapore”, se il discepolo non mettesse in pratica questo non-giudizio e questa benevolenza insegnata dal Signore verso tutti e si trasformasse in censore inflessibile seminando disagio e sofferenza nel cuore dei fratelli, a quel punto “a null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”… Se proprio noi che abbiamo ascoltato questa Parola di salvezza universale sul più bello non la mettiamo in pratica, se diamo l’unico vero scandalo dell’arroganza e della presunzione ad una società che si aspetterebbe proprio da noi un modello di vita pacificato ed alternativo all’arroganza ed alla presunzione di cui il mondo è già pieno, non meritiamo altro che il disprezzo di tutta quella gente che stiamo giudicando e dunque tradendo.

A questo punto Gesù passa ad un'altra immagine: “Voi siete la luce del mondo”… Se a quell’epoca era Gerusalemme la luce del mondo - “Cammineranno i popoli alla tua luce” (Is. LX, 3), scrive il profeta - ora questa luce del mondo da statica diventa dinamica e si identifica coi discepoli portatori della stessa misericordia di Dio. Questa luce divina, infatti, non va custodita gelosamente, anzi si manifesta pienamente nel dono, nel donare se stessi: proprio come una lampada deve essere posta “sul candelabro, così fa luce a tutti quelli che sono nella casa”, allo stesso modo davanti a tutti gli uomini devono risplendere “le opere buone” dei discepoli, ovvero quella loro capacità di amare sul serio chiunque ed indipendentemente da tutto, come ha insegnato Gesù. È la pratica quotidiana della misericordia, e non la dottrina, a manifestare la luce del volto benevolo e non giudicante del Signore… Ed è questa “la vostra luce”, la nostra luce, che dovrà risplendere “davanti agli uomini”! Sarà proprio questo atteggiamento di amorevole non-giudizio a far sì che tutta l’umanità si accorga di avere un Dio che non è un despota, ma un vero “Padre che è nei Cieli”… Un Signore verso il quale, se approfondisco un minimo, non potrò più recriminare, bestemmiare o anche semplicemente disinteressarmi. Non mi resterà altro che “rendere gloria”, perché avrò capito, chiunque io sia, comunque mi vada, di essere amato, già così.

Buona settimana a tutti,
Matteo


Le Beatitudini ci rivelano il vero volto di Dio.
Il Dio di Gesù è un Dio povero di spirito, mite, misericordioso, puro di cuore (che bello pensare all’ingenuità infinita di Dio!), che soffre, che viene perseguitato a causa della giustizia.
Il discepolo che imita il Maestro è povero di spirito, mite, misericordioso, puro di cuore; non si scoraggia se viene perseguitato, non teme lo sconforto e il dolore perché la sua gioia è riposta in Dio.
Questo volto di Dio lo testimoniamo vivendo le beatitudini, gioendo dell’appartenere a coloro che hanno scoperto di essere discepoli di Gesù. Anche se le Beatitudini restano una proposta folle, eccessiva, paradossale, orientarsi verso quella direzione significa già cambiare il mondo che non vive la beatitudine, ma tenta di rifilarti una felicità selettiva e costosa.
Incontrare il volto beato di Dio converte i nostri cuori, poiché il Regno è presente, e negli oscuri luoghi che abitiamo, le tante Zabulon e Neftali in cui viviamo, Gesù proclama il paradosso del cristianesimo. Anche noi, raggiunti dai pescatori diventati apostoli, diventiamo a nostra volta pescatori di umanità, lasciando le reti e ciò che ci lega, per diventare infine liberi.


Luce sul candeliere
Gesù insiste: voi pescatori pescati, pescatori di umanità, che avete conosciuto il volto di Dio e ne siete stati colmati, siete chiamati ad essere sale della terra, ad insaporire con la vostra testimonianza la vita di chi vi è accanto, siete chiamati a lasciar brillare la luce che l’incontro con Rabbì Gesù ha acceso nella vostra vita.
L’incontro con Dio non può restare nascosto, la conversione del cuore diventa evidente e la luce che si è accesa nei nostri cuori brilla nella quotidianità.
E’ impossibile far luce se non si è accesi: la testimonianza del Vangelo nasce dall’essere illuminati, dall’essere avvinti dalla presenza del Signore. Gesù ci richiama fortemente all’interiorità, alla preghiera, al silenzio, alla riflessione pacata.
La candela non si accorge neppure di essere accesa, eppure illumina!
La fede, che è dono di Dio, va accolta e coltivata; la luce che riceviamo e che illumina le nostre tenebre va ostinatamente tenuta al riparo dai venti gelidi della noia e dell’odio. Basta una piccola candela per rompere le tenebre di una grande Cattedrale immersa nel buio più totale.
Quella luce, che altri hanno acceso, che non è autoconvinzione ma conversione, senza saperlo illumina numerosi altri fratelli e sorelle.


Sale che insaporisce
La fede è sale, dà sapore alla vita, e noi diventiamo sale, chiamati a dar sapore alla storia.
Non bisogna esagerare: basta un pizzico di sale per insaporire la vita, basta una piccola testimonianza di fede per cambiare il mondo. Spesso ci scoraggiamo: come possiamo cambiare la storia e il mondo? Come liberarci dall’aggressività e dell’odio che abitano intorno a noi e in noi?
La fede, anche solo un pizzico di fede, cambia sapore alla vita.
Ma, dice Gesù, se il sale perde il suo sapore a cosa serve? Non si può salare il sale, occorre gettarlo. Mi chiedo se la triste profezia di Gesù non si sia realizzata in questi nostri tempi confusi: il sale forse ha davvero perso il suo sapore. Dice ancora qualcosa di significativo il vangelo che ogni domenica ci vede radunati? Ci percuote come un pugno, scuote le nostre coscienze, dà forma alla nostra settimana? Spero di cuore sia così!
Ma il dramma del nostro tempo, in occidente, è proprio quello di un cristianesimo senza Cristo, di una religione senza fede, di un culto senza celebrazione.
Dobbiamo pagare un prezzo alto ad un cristianesimo culturale e sociale che ancora permea la nostra società, ma che non è più sufficiente a creare discepoli. Un cristianesimo che si riduce ad abitudine, a tradizione, a etica, a solidarietà, non dona più sapore alla vita.
Io, tu amico lettore, siamo chiamati a tracciare percorsi di discepolato nello stanco e abitudinario cristianesimo culturale che continua vistosamente a perdere terreno.
Siamo talmente attorniati dal cristianesimo da renderlo insipido, scontato, tiepido.
I discepoli del Signore, coloro che restano perlomeno scossi dal discorso delle Beatitudini, sentendone forse l’irrealizzabilità, ma cogliendone la profonda verità, sono chiamati a renderlo presente, a dirlo, a raccontarlo questo Dio inatteso.
Luce sotto lo sgabello siamo diventati, timorosi di essere trasparenza di Dio, attenti a proporci con un cristianesimo `politicamente corretto` con tutti i distinguo e le precisazioni.
Ci vergogniamo, troppo spesso, di essere appartenenti ad una Chiesa che presta il fianco a facili critiche ed ironie.
Luce e sale; siamo chiamati a rendere testimonianza credibile il Vangelo attraverso le buone opere. Il cristiano non è chiamato a fare il `bravo ragazzo`, né tantomeno ad ostentare le sue opere o a salvare il mondo.
Il mondo è già salvo è che non lo sa.
Ciò che io posso fare è vivere da salvato, essere pubblicità del Regno, rendere presente la salvezza con il mio stile di vita.
Stile sereno ed evangelico, che sa accettare la propria fragilità e le proprie incoerenze e che preferisce guardare a ciò che Dio fa per me, piuttosto che lamentarsi continuamente di ciò che non riesce a fare per lui!
Dio ha bisogno di figli, non di giusti…


Suggerimenti salati
Isaia ci svela il modo concreto di essere luce e sale: attraverso l’amore, attraverso la carità fattiva che si piega verso il povero e il sofferente. Per un cristiano il gesto d’amore, lo spezzare il pane diventa gesto teologico, esplicitazione d’amore. Oggi è un compito ineludibile della Chiesa restare con i poveri, trovando modi nuovi di vivere l’immutato Vangelo, proponendo non solo gesti di elemosina, ma stili di vita che contrastino la povertà dilagante, il profitto e l’economia al centro delle scelte, l’egoismo e l’edonismo come ammiccanti soluzioni di vita.
Paolo ci ricorda, a partire dalla sua esperienza, che la logica di Dio è diversa dalla logica del mondo: è una logica crocifissa. Il metro del nostro risultato è nel cuore di Dio, non nelle statistiche e nelle percentuali: anche se agli occhi del mondo questa disponibilità, questo amore è perdente, inutile, insignificante, anche se continuamente lo spettro della battaglia infine vinta dalle tenebre ci inquieta, noi – figli della luce – ci fidiamo del Signore e come lui amiamo di un amore totale e talora sofferto, sapendo che la sconfitta apparente di Dio è, in realtà, la salvezza del mondo.
Animo, amici, insaporite il mondo.

(Don Paolo CURTAZ)

sabato 12 febbraio 2011

La Parola di Dio

Sabato (Mc 8,1-10)

San Marco racconta due moltiplicazioni
di pani, la prima nel capitolo
sesto e la seconda, quella di
oggi, nel capitolo ottavo. La gente
lo ascolta da molte ore; quel giorno
c'erano circa quattromila persone,
ma Gesù non vuole rimandarli
digiuni a casa loro e chiede
ai discepoli: «quanti pani avete?
». Gli rispondono: «sette e pochi
pesciolini». Gesù li fa sedere
per terra, benedice i pani e i pesci
e dice ai discepoli di distribuirli.
Tutti mangiano e raccolgono sette
sporte di pezzi avanzati.
Il miracolo avviene nei pressi di
Cafarnao, ove, subito dopo, nella
sinagoga, Cristo tiene un discorso,
riferitoci da Giovanni (Gv
6,22-58). Conviene non solo
leggerlo, ma meditarlo, perché,
con tale discorso, Gesù anticipa
ciò che farà la sera del giovedì
santo, quando, dopo aver celebrato
la pasqua ebraica, celebrerà
la sua pasqua, consacrando il
pane e il vino, e consegnandolo
alla Chiesa, non come ricordo
dell'ultima Cena, ma come memoriale
della sua perenne presenza
in mezzo a noi.

venerdì 11 febbraio 2011

La Parola di Dio

Venerdì (Mc 7,31-37)

Nella Madonna di Lourdes, ove
sono avvenuti tanti miracoli di
guarigioni e soprattutto di conversione,
il Vangelo di Marco ci
ricorda che tra le tante guarigioni
fatte da Gesù, significativa è
quella di un sordomuto. Gesù gli
tocca la bocca e dice: «Effata,
apriti!»; il sordomuto sente e
comincia a parlare. La notizia si
diffonde subito, ma Gesù raccomanda
di non dirlo a nessuno,
forse per non accrescere il numero
dei malati, ma la notizia
gira e tutti dicono: «Ha fatto
bene ogni cosa; fa udire i sordi
e parlare i muti».
Lourdes è la città dei Pirenei,
nella quale, il giorno d'oggi del
1858, la Vergine è apparsa in una
Grotta a una ragazza francese,
santa Bernardetta Soubirous, dicendo
di essere l'Immacolata
Concezione, avallando così la definizione
del dogma sull'Immacolata,
definito quattro anni prima
dal Papa Beato Pio IX.

giovedì 10 febbraio 2011

Ahahahahah...

 L'ho sentita stamattina da una radio italiana:


Qual è la differenza tra una bionda intelligente e uno yeti?

Dello yeti qualcuno ne ha viste le tracce!



N.B.: io sono una bionda (naturale!)
Ehi, sono bionda, non.... biondissima ;)

La Parola di Dio

Giovedì (Mc7,24-30)

Il Vangelo di Marco ci dà una grande
consolazione: la preghiera, anche se
non viene esaudita subito,
quando è umile e insistente, produce
sempre il frutto. Lo insegna
Gesù nell'episodio della donna
siro-fenicia, che si getta ai piedi
di Gesù, per chiedere la guarigione
della figlia. Gesù, capendo che
era una straniera, risponde che
non si dà il pane ai cani, ma la
donna risponde che è vero che
non si dà il pane ai cani, ma anche
i cagnolini hanno il diritto di
mangiare le briciole che cadono
per terra dalla tavola. Il Maestro
rimane meravigliato per questa
risposta e le dice che per la sua
fede, la figlia è stata guarita.
E' una lezione assai utile per tutti
noi: non ci stanchiamo mai di
pregare, anche se non otteniamo
subito la grazia richiesta, insistiamo
con la preghiera in fede. Gesù,
infatti, ci ha detto: «pregate,
pregate sempre, senza stancarvi
mai». Ricordiamolo sempre...

mercoledì 9 febbraio 2011

Siamo tutte pedine...

Cercherò di essere ancora più sincera con me e con voi.
Non mi sembrava di essermi mai descritta come una santa, nè come la misconosciuta "Vergine del Nilo" (se sbaglio vi prego di segnalarmi i post o le mail dove l'avrei scritto).
Però mi arriva una mail dove, superate le volgari "banalità" mi viene scritto così:
... omissis ... sei stata cretina a non cancellare tutti i 3d dove giada diceva della tua famiglia, troppo facile per me sgamarti che siete stati voi a farla sparire per continuare tu l'opera e poter apparire come la Vergine del Nilo quando all'incontrario sei una poco di buono figlia di 2 altri poco di buono... omissis ...
A parte il nome di Giada in minuscolo e l'abbreviazione "3d" per "thread", mi si fa passare come la "longa manu" dei miei per impossessarmi di questo blog e, finalmente, poter parlare bene dei miei e di me stessa.
Ma quando mai?
Ma dove ho mai detto che i miei sono bravi e santi e io sono la "Vergine del Nilo"?
Mi viene sputato in faccia il thread "Giada sta per impazzire" per accusarmi di essere figlia di chi la pedinava, la minacciava e... che cavolo ne so, al solo scopo di prendere in mano il blog e farne "mercimonio" (eufemismo)?
Probabilmente siamo tutte pedine in questo Mondo e certamente ho fatto male io a prendere sul serio una mail da respingere al mittente, ma questo fatto mi ha così tanto nauseata che ho ripreso a scrivere ben prima di quando pensavo di farlo, cioè prima di essermi rimessa a posto nella vita. Nella mia ennesima "nuova avventura" dove mi sono cacciata (della serie "se non sono matte non le vogliamo")
Quindi, eccomi. Anzi, ri-eccomi.
Togliamo il velo di imbarazzo e vi confesso che "non mi sono imbattuta per caso" in questo blog, come vi avevo scritto ma "mi ci hanno fatta imbattere".
Che cosa cambia, nella sostanza?
Cosa cambia se, girando su google avessi letto un blog che aveva per titolo uno dei passi più belli di una favola scritta da mia sorella, oppure se mi fosse arrivata una "segnalazione" che diceva, pressappoco così: "stellina stai all'occhio che qualcuna sta sputtanando te e la tua famiglia.... fatti un giro su..... ecc ecc..."?
Chi è il "segnalatore"? Come conosceva il mio nuovo indirizzo mail?
Sono domande che hanno un senso secondo voi?
Sono domande che posso cambiare la storia mia, o vostra, o "far capire" perché adesso cerco (= mi sforzo) di vedere il mondo con gli occhi di mia sorella Alice?
Se davvero volete conoscere anche "il peccatore" (e non solo il peccato) fatemelo sapere: se mi convincete pubblicherò anche questo nome.
Ma poi riprendiamo a confrontarci sulle "cose che importano davvero" (almeno secondo i miei piccoli neuroni), cioè, per esempio:
perché i credenti vivono meglio? Ovvero: mia sorella Alice, (iper) credente era sempre felice, come mai?
Come si fa a "diventare" credenti? Ovvero: si attende la "grazia divina" o c'è un percorso da fare?
Conosciamolo questo "Padre nostro che sta nei Cieli" e cerchiamo di capire chi è e, soprattutto, cosa vuole da noi.
Tutto questo senza staccare gli occhi da terra, dalle vicende che ci ruotano intorno e che ci coinvolgono, volenti o nolenti, nel quotidiano e ci modificano significativamente il futuro...
Siamo d'accordo almeno su questo?
Ve lo chiedo perchè io, "cretina" (come mi scrivete), non capisco tutto.... ;)

La Parola di Dio

Mercoledì (Mc 7,14-23)

Non è quello che l'uomo
mangia, ma quello che
l'uomo dice; quello che
esce dal suo cuore danneggia
davvero il cristiano.
Non sono, perciò, i digiuni,
le astinenze, gli atti esteriori,
che fanno il cristiano,
ma il suo comportamento,
quello che realmente dice,
quello che fa. Gesù continua
il discorso fatto coi
farisei, che lo rimproverano, perché
i suoi discepoli non osservano
gli atti liturgici, previsti dalla Legge,
dicendo chiaro e tondo che
quel che danneggia l'uomo, non è
ciò che mangia, ma quello che esce
dal suo cuore: il vero cristiano
si vede da quello che fa.
E' una lezione di coerenza che ci
chiede il Vangelo: il cristiano non
si vede dalle parole, ma dai fatti.
Paolo VI diceva nella Evangelii
nuntiandi che «il mondo d'oggi non
ha bisogno di maestri, ma di testimoni»,
di gente, cioè, che fa quello
che dice.

martedì 8 febbraio 2011

Work in progress

Ovvero, "lavori in corso".

Mi hanno dato incarico di creare un sito "carino, divertente, ma serio" (O_O) su diversi modi (molti testati da me in persona, ecco forse perché mi hanno anche dato sto pesante incarico, sob! Me tapina...) per moltiplicare i pochi spiccioli che avete in tasca e/o per farne molti altri....

Un giorno, se fate i bravi, vi racconterò la mia storia su questi modi. Magari seduti davanti a un caminetto scoppiettante, sgranocchiando caldarroste, tra un racconto natalizio, una bella storia scalda anche i cuoricini.

Un avvertimento è d'obbligo: perché si realizzasse questa "bella storia" ho buttato via molti soldini (e moltissimo tempo), ecco perché trovo bello, utile e addirittura doveroso, condividere ciò che di buono sono riuscita a scoprire...
(anche perché altre cose belle e utili da me non le troverete... :D )

Allora, l'appuntamento è..... beh, a presto "su questi schermi", dai ;)

La Parola di Dio

Martedì (Mc 7,1-13)

Non sono gli atti esteriori, le
abluzioni, le benedizioni dell'acqua
santa, le lavande dei
piedi o delle braccia, che ci
salvano, ma è la fede, che abbiamo
nel cuore, che porta la
salvezza e la grazia. Il Vangelo
di Marco ce lo dice oggi chiaramente,
con la risposta di
Gesù ai farisei, venuti anche
da Gerusalemme, per metterlo
alla prova, rimproverandolo
perché i suoi discepoli non osservavano
tutte le norme
scritte nella Legge antica. Gesù
risponde, citando un passo
del profeta Isaia, molto caro
ed onorato dal popolo d'Israele:
non bisogna onorare Dio
con le labbra, ma col cuore.
Quel che conta, non sono gli
atti esteriori, ma i sentimenti
che abbiamo dentro di noi e
poi, se gli atti di culto esterno
non partono dal cuore non
coinvolgono la vita, non servono
affatto, se non a coprire le
nostre vergogne e a farci considerare
falsi.

lunedì 7 febbraio 2011

La Parola di Dio

Lunedì (Mc 6,53-56)

Il Vangelo di Marco ci presenta pochi
discorsi e molti miracoli. Oggi ci
racconta una giornata di Gesù,
quando, approdato a Genezaret, la
gente lo riconosce e gli porta tutti i
malati del paese e della zona. Marco
dice che «dovunque giungeva,
in villaggi o città o campagne, ponevano
i malati nelle piazze e lo
pregavano di toccargli la frangia del
mantello» e aggiunge «quanti lo
toccavano, guarivano». La corsa dei
malati attorno a Gesù fa parte integrante
dei Vangeli, chi più chi meno,
racconta gli infiniti miracoli che
ha fatto il Signore per aiutare e
guarire i malati. Noi non possiamo
fare i miracoli, non li possono fare
neanche la Madonna e i santi, possono
chiedere, ma solo Dio può sospendere
le leggi della natura. C'è,
però, una lezione che il Signore ci
dà alla vigilia della Giornata mondiale
del malato, l'11 prossimo: aiutare
di più i malati, specie abbandonati
e quelli che non hanno nessuno.

domenica 6 febbraio 2011

Buona Domenica!

VANGELO
Mt 5,1-12
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».


Le vicende politiche che riempiono le prime pagine dell’informazione nelle ultime settimane, amici, si commentano da sole, e non voglio aggiungere un’ulteriore voce a parole già dette. Il credente, tuttavia, non può mai abbandonarsi allo sdegno, scandalizzarsi ad oltranza o gettare la croce della condanna, anche fossimo davanti ai peggiori dei fratelli… Il discepolo bigotto, falso più di Giuda, sa piegare la volontà di Dio ai propri repressi istinti di rivincita sugli altri e sul mondo, trasformandosi in un arbitro inflessibile, in un censore rigoroso, per giudicare impietosamente chi sbaglia. Credetemi, non c’è nessuno che sia in grado di far soffrire più crudelmente il prossimo di chi - poveretto - pensa di agire così in nome di Dio! Ho vissuto e tuttora vivo questo scempio divino su una pelle che mi è così vicina da farmi male ancor più della mia, e tutto ciò non è lecito, non va bene, mai, nei confronti di chiunque… Secondo Gesù, almeno. “Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati” (Mt. VII, 1-2)… A volte ho l’impressione che certe pagine del Vangelo siano state sbianchettate - tanto per richiamarci ad altri episodi politici - perché pare che nessuno ne conservi memoria! Siamo tanto assuefatti dal biascicare stanche formule nel tempio, che ci dimentichiamo il primo ed unico comandamento del Signore, che ci ha ripetuto alla nausea, perché finalmente entrasse nella testa dura che ci ritroviamo: “Misericordia io voglio e non sacrificio” (Mt. XII, 7). Riusciremo mai, amici, a vedere il mondo con gli occhi di Dio? Capiremo che ogni uomo, anche il più compromesso, anche il più squalificato, è già amato dal Cielo così com’è, ed è chiamato alla santità, tanto come te, tanto come me? Lasceremo finalmente da parte questo grottesco sentirci superiori per comprendere che il vero discepolo è immagine della benevolenza del Padre nei confronti di chiunque, senza riserve, senza eccezioni? Ciò non significa che va bene tutto, ovviamente… Ma che vanno bene tutti, questo senz’altro! Anche il profeta ci racconta così il Signore: “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all'ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio, e non uomo; sono il Santo in mezzo a te, e non verrò nella mia ira” (Os. XI, 8-9)… “Neanch’io ti condanno” dice Gesù all’adultera, dopo aver ripreso coloro che volevano lapidarla col famoso “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra” (Gv. VIII, 3-11)! Vedete, amici, non è la coerenza che ci salva (solo un presuntuoso oltre ogni limite potrebbe pensarlo), né la pratica religiosa, né la preghiera a chili o le povere devozioni di cui tanto (anzi troppo) ci preoccupiamo… Ciò che ci salva, in fondo, è unicamente la misericordia di Dio, che come discepoli siamo chiamati a riversare su tutti i fratelli, nessuno escluso! Ecco a che cosa dobbiamo una buona volta convertirci, noi aspiranti cristiani, noi Chiesa intera… Dalla logica dello sputar sentenza, ridicola e demoniaca, alla logica di un Amore che non c’è bisogno di meritarsi, perché irradia ogni uomo così com’è.

Ma veniamo al Vangelo di oggi, che - vedrete - è tutt’altro che scollegato da quanto detto fin qui… È un brano fondamentale, forse il più importante di tutta la Scrittura, perché è la guida più completa per farsi discepolo, contiene sul serio l’ABC della fede cristiana (e non è pubblicità occulta!) e, sia pure a passo d’uomo, ci apre pienamente gli occhi sul divino. Il Dio che si è svelato una volta per tutte in Gesù è troppo meravigliosamente nuovo, troppo incredibilmente misericordioso, troppo innovativamente sganciato da ogni prescrizione per poter essere accolto negli schemi dell’antica alleanza, nei modelli di relazione col Cielo meditabonda e pedantemente regolamentata tipici del passato… Proprio come Mosè per ricevere le tavole di un’alleanza basata sulla legge, Gesù “salì sul monte”: non per ricevere qualcosa da Dio, ma per inaugurare personalmente la nuova alleanza, Lui che è il “Dio con noi” (Mt. I, 23)! Mentre Mosè, il servo del Signore, ha promosso un’alleanza fra dei servi ed il loro signore basata sull’osservanza delle leggi, Gesù, che non è il servo di Dio, ma il figlio di Dio, propone una nuova alleanza, fondata non sull’obbedienza, ma sulla somiglianza al Padre ed alla sua misericordia… Gli uomini non saranno più al servizio di un Signore lontano dal mondo, ma è Dio stesso che viene al mondo facendosi uno di noi, perché gli uomini riversino la sua stessa misericordia su tutti i loro simili! Non c’è volto di fratello in cui si possa evitare di scorgere il Signore… Non esiste più alcun modo serio per onorare Dio che non passi per l’amore del prossimo. Questa è la novità portata da Gesù: non si parla più di comandamenti, presto lievitati da dieci ad oltre seicento grazie alla fervida fantasia dei rabbini, ma resta spazio per un unico precetto, lasciatoci non per la gioia del Cielo, ma per la nostra; è la regola della misericordia vera (e non coartata in una qualche medaglietta scacciaguai…), del non-giudizio, dell’amore di un Padre “che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt. V, 45), senza preferenze e senza meritocrazie, per il solo fatto che stravede per tutti i suoi figli… Se Dio stabiliva l’alleanza con Mosè chiedendo fin da subito “un’offerta per sé” (Es. XXV, 2), e poi lo tratteneva per ben otto capitoli dell’Esodo densi di prescrizioni rituali cui adempiere, Gesù non richiede obbedienza, e si preoccupa unicamente della nostra felicità, indicandocene la strada: le beatitudini altro non sono che il tracciato da seguire per convertirsi alla gioia (e, di nuovo, non è pubblicità occulta!), senza imposizioni o minacce di condanna. La prima, che riguarda i “poveri per lo spirito”, non è una presa per i fondelli che dichiara felici coloro che si ritrovano in condizione di povertà; proprio perché costoro dovranno essere oggetto dell’attenzione e dell’amore dei fratelli, l’invito è quello ad abbassare il proprio livello di vita per consentire agli altri di innalzarlo, essendo tutti più felici: sono beati coloro che, abitati dallo Spirito misericordioso di Dio, liberamente e volontariamente cominciano ad impoverire se stessi, non per andare ad aggiungersi ai troppi poveri che questa società iniqua ha creato, ma per condividere il superfluo con chi ha di meno… La conseguenza di questa scelta sarà per costoro il paradiso in terra, l’abitare il Regno misericordioso di Dio già qui in questo mondo…ecco perché ”di essi è il regno dei cieli”, non fra le nuvole, ma qui ed ora!

Tutte le beatitudini successive dipendono da questa, perché soltanto chi si libera dalle schiavitù terrene e muove i primi passi sulla via della gioia può sperimentare i livelli di felicità successivi. Se non mi faccio misero e mi credo un mezzo padreterno, non potrò mai “mettere il mio cuore in mezzo ai miseri”, seguendo la strada di misericordia indicata dal Nazareno! Gesù si preoccupa subito di chi è insoddisfatto: di te, amico, che non riesci ad accettarti; di te, che ti senti sempre inadeguato; di te, che sei stato caricato di “pesi insopportabili” da qualche perfido solone di curia (Lc. XI, 46), e non riesci a liberartene senza soffrirci… Beato te, perché, se anche ora piangi, il tuo destino è la piena consolazione! “Egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dai loro occhi” (Ap. XXI, 3-4)… In un mondo che ti stimola a difenderti con le unghie e con i denti, a mostrare sempre i muscoli e a rovinarti vita e salute pur di ottenere quanto ti spetta…beati i miti, cioè coloro che pur avendo delle buone ragioni da far valere, sanno soprassedere, guardando a ciò che è davvero importante su questa terra, ovvero la misericordia per chi sbaglia, unica giustizia di Dio. Ecco la chiave di lettura per le due beatitudini successive: “quelli che hanno fame e sete della giustizia” di Dio, ovvero coloro che vivono nella misericordia e nel non-giudizio di chi sbaglia, “saranno saziati”, ed infatti “troveranno” quella stessa “misericordia” nel giorno finale! Ed ecco che sono questi “puri di cuore”, questi uomini e donne capaci di amare, come vuole il Signore, anche chi non se lo meriterebbe, che potranno bearsi della vista del Dio misericordioso già su questa terra: nell’aldilà tutti vedranno il Signore, anche chi non è stato puro di cuore, ma coloro che sono abitati dalla sua misericordia e la riversano su tutti i fratelli possono farne esperienza diretta e tangibile fin da quaggiù… Sono questi gli “operatori di pace”, coloro che pacificheranno l’animo di ogni uomo riempiendolo dello Spirito amorevole e benevolo del Padre, e che saranno chiamati “figli di Dio” proprio perché avranno saputo riconoscersi fratelli di tutti gli altri! Ebbene, coloro che accolgono la prima beatitudine (e dunque a ruota tutte le altre viste fin qui), che vedranno trasformarsi gioiosamente la loro esistenza e saranno sempre pronti ad aiutare e ad occuparsi del bene degli altri, proprio questi non andranno incontro agli applausi della società, né dell’autorità religiosa, bensì alla persecuzione… Beati loro, tuttavia, beati davvero, perché a dispetto del tempio (cfr. Mt. XII, 6-7) hanno scoperto qualcosa di ben più importante: sono arrivati all’essenziale, al cuore di Dio, che è un cuore di misericordia; non importerà più nulla, non saranno necessarie approvazioni, né supporti, né protezioni. Accada quel che accada, costoro sono nell’estasi vera, senza pastigliette da rimbambiti, perché contemplano ogni giorno della loro vita la bellezza misericordiosa di Dio che si irradia sui fratelli! Vedete, amici, queste beatitudini sono un grande inno, ma soprattutto sono un invito pressante alla misericordia, ovvero all’essenza stessa del Signore, come unico modo di pensare e di vivere per essere cristiani… Gesù sa bene con chi schierarsi, e non ne ha mai fatto mistero: “non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt. IX, 13)! E noi??

Buona settimana a tutti, ci vediamo venerdì per l’incontro con Donpi!
Mat


Pare che il Mahatma Gandhi considerasse il discorso della montagna di Matteo come la pagina più illuminante della letteratura mondiale. Una pagina che ha ispirato molte persone, nella storia, e che, a ragione, è considerata la Carta Costituzionale del Regno di Dio. Un discorso che Gesù pronuncia sulle sponde del lago di Tiberiade, a Nord, in Galilea, non lontano dalla casa dei suoi famigliari a Nazareth e da Cafarnao. Un discorso in cui Matteo cerca di sintetizzare gran parte della dottrina del Nazareno, proponendolo come un nuovo Mosè che dalla montagna, in realtà una collina, consegna le “nuove” tavole della Legge. E il discorso della montagna inizia con le Beatitudini (Mt 5,1-10), un testo poco conosciuto, ahimé, dagli stessi cristiani e ancora meno capito...
Otto affermazioni che sono delle scudisciate, otto asserzioni che, se prese sul serio, ribaltano le nostre prospettive, sconvolgono le nostre (poche) certezze. Forse per questo sono quasi del tutto ignorate!

Beati gli iellati
Gesù indica apoditticamente in cosa consiste la felicità, il senso della vita, la piena realizzazione. Era l’ora, finalmente!
Ma ad una prima lettura si resta spiazzati da ciò che riporta Matteo.
Gesù sembra esaltare la povertà, il pianto, la rassegnazione, la persecuzione...
Ma come? Gesù conferma la terribile impressione che danno molti cristiani di essere delle anime sofferenti e piagnucolose? Gesù avvalora l’idea della vita come di una concatenazione di disgrazie e di un cristianesimo dolorante e crocefisso? Torniamo al cliché del cristianesimo come religione che esalta la sofferenza come strumento di espiazione?
No, fidatevi.
Gesù propone, in realtà, una autentica rivoluzione interiore.

Beati
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Cioè beati quelli che sono consapevoli della loro povertà interiore, del limite che portiamo scolpito nel cuore e che, perciò, cercano altrove, cercano il senso. Ma anche beati coloro che vivono con un cuore semplice, essenziale, trasparente. Beati perché, anche se non se ne accorgono, lasciano Dio regnare in loro.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati coloro che, pur essendo nella sofferenza, sanno volgere lo sguardo oltre l’orizzonte, al Dio che fa compagnia, che con-sola, che sta con chi è solo. Beato chi sa che la vita è inserita in un grande progetto e che se anche la singola vicenda umana può essere avvilente, può essere sconfitta, il grande progetto di Dio avanza. Beato chi scopre che la vita è preziosa agli occhi di Dio, che nessun uomo, mai, è solo e abbandonato, che anche i capelli del nostro capo sono contati (Mt 10,30) e le lacrime raccolte (Sal 56,9), perché il Dio di Gesù protegge i passeri che si vendono per due spiccioli (Lc 12,6). La sofferenza, allora, non è la parola definitiva della vita.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che non cedono alla violenza che portano in loro stessi, che vedono il lato positivo delle persone, che credono nella redenzione dell’uomo. Anche se all’apparenza vincono i malvagi, la storia vera, quella di Dio, passa attraverso le persone che hanno imitato Dio nella sua mitezza compassionevole.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati quelli che non si arrendono all’ingiustizia, che sanno mettersi in gioco, che sono autentici e sinceri, che portano il peso delle loro scelte e dei loro sbagli. Beati quelli che non cedono alla seduzione del compromesso, dell’astuzia malevola, del basso profilo.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati quelli che, come Dio, guardano alla miseria col cuore, che non giudicano sé e gli altri impietosamente, che chiedono responsabilità e coerenza ma che non fanno della giustizia un idolo. Se giudicano gli altri con verità e compassione troveranno verità e compassione per loro stessi.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati quelli che hanno uno sguardo trasparente, che non sono ambigui, che non hanno malizia, che non vedono sempre e solo il negativo, che non passano il tempo a sottolineare l’ombra degli altri per attenuare la propria, la loro purezza diventa una trasparenza da cui poter accedere a Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati quelli che scommettono sulla pace, che sono pacifisti perché pacificati, che non fanno della razza, del paese, della propria religione un idolo. Beati quelli che non solo parlano di pace, ma che la pace la costruiscono giorno per giorno con le loro azioni.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
Beati quelli che si assumono le proprie responsabilità, che non scaricano sugli altri, che hanno il coraggio di pagare fino in fondo le proprie scelte, e anche i propri errori. Beati i discepoli che non rinnegano la loro fede per paura.

Ci sto
Mi convince questa logica. Fatico a viverla, sinceramente, ma ci credo.
Gesù per primo l’ha vissuta, Gesù per primo, coerentemente, ha mostrato che è possibile vivere, sostenuti dallo Spirito, nella logica di Dio.
E di questi tempi, su questa nave che sta affondando, fatta di insulti e di arroganza, di minimalismo etico e di faciloneria morale, Dio solo sa di quanti discepoli che tentano di vivere le beatitudini ci sia bisogno...

(Don Paolo CURTAZ)

sabato 5 febbraio 2011

La Parola di Dio

Sabato (Mc 6,30-34)
Gesù non si preoccupa solo di formare
gli Apostoli e mandarli ad
insegnare nei villaggi della Galilea,
ma anche di farli riposare. Il Vangelo
di Marco, infatti, dice loro:
«Venite in disparte, in un luogo
solitario, e riposatevi un poco».
Dopo aver mangiato, salirono in
barca e se ne andarono in un luogo
solitario, ma la gente capì dove
se andavano e lo seguirono per
ascoltarlo e far guarire i malati. Si
capisce la preoccupazione del Maestro
nei confronti dei discepoli,
ma anche il desiderio della gente
di ascoltare il nuovo messaggio e
ancor più di vedere i miracoli. Le
due preoccupazioni consegnate da
Gesù alla Chiesa sono quella di
non stancarsi mai annunciare il
Vangelo e di dedicare più tempo ai
malati, a poveri, ai disoccupati
ai sofferenti. Ricordiamo oggi
una parola di Gesù: «I poveri li
avrete sempre con voi!».

venerdì 4 febbraio 2011

La Parola di Dio

Venerdì (Mc 6,14-29)

Il Vangelo di Marco ricorda oggi
Giovanni Battista, fatto arrestare
dal re Erode e secondo alcuni già
risuscitato. A seguito di un bellissimo
ballo, infatti, il re promise
alla figlia di Erodiade, rubata al
cognato, di darle la metà del suo
regno. Ma lei, consigliata dalla
madre, chiese la testa di Giovanni
Battista su un piatto. Erode sentì
un gran dispiacere, ma tenne fede
alla promessa, fatta in pubbli-
co, e ordinò che gli portassero la
testa del Battista su un piatto.
Appena l'ebbe, la donò alla figliastra,
che la consegnò alla
mamma. L'episodio si diffuse
subito e i discepoli del Profeta
andarono a chiedere il corpo e
lo seppellirono nella collina dell'Acheronte,
che oggi si trova in
Giordania. Quella voce mandata
da Dio a preparare la venuta del
Messia, fu messa a tacere, ma
rimane ancora, e la abbiamo
ascoltata in avvento, il suo invito
al cambiare strada.

giovedì 3 febbraio 2011

La Parola di Dio

Giovedì ( Mc 6,7-13)
Insieme ai discorsi e ai miracoli,
che confermano quello che insegnava,
Gesù dà agli Apostoli il
compito di andare nei villaggi e
dice anche come devono andare:
con semplicità e povertà, senza
arroganza. Dice anche di non
prendere due vesti e di bussare
piano piano. «Se vi aprono, entrate
e portate la pace; se non vi aprono,
andate in un'altra casa e in
un altro villaggio...».
Nessuno deve imporre la propria
fede: noi, cristiani, dobbiamo fare
il nostro dovere di annunciare il
Vangelo e testimoniare la nostra
fede, lasciando la libertà e rispettando
tutte le religioni. Lo ha
detto il Concilio Vaticano II in una
importante dichiarazione che dobbiamo
rileggere, perché abbiamo
nei nostri Paesi molti musulmani
ed anche credenti di altre religioni