Così Diego lo Scarparo e Sergio il
Carrettiere fanno baruffa al mercato
Nella
comune terra medioadriatica si sarebbe detto un tempo che lo Scarparo e
il Carrettiere hanno preso a fare baruffa al mercato. Diego
Della Valle contro Sergio Marchionne. Il padrone di un calzaturificio
divenuto negli anni il florido marchio per le élite di massa (Tod’s)
contro il grande manager di un impero immiserito in patria e rinato
negli Stati Uniti (Fiat). Dicendo che “la Fiat è un bersaglio grosso,
più delle scarpe di alta qualità e alto prezzo che compravo anch’io fino
a qualche tempo fa: adesso non più”, Marchionne si tradisce ingenuo e
stizzito, lui stesso preda di quello “starnazzare nel pollaio più
provinciale che c’è” sdegnosamente denunciato per richiamare la
volgarità delle accuse di Della Valle. Certo, a sua parziale discolpa
c’è che nell’arco di tre giorni il patron della Fiorentina gli aveva
dato di “furbetto cosmopolita” e rappresentante cadetto di una famiglia
(gli Agnelli) avvezza a “spararla grossa” salvo poi andarsene “alla
chetichella”. Dunque uomo dalla mancata parola, Marchionne, nell’impeto
accusatorio del suo antagonista. Ma sopra tutto cittadino del mondo,
déraciné, traditore di un malriposto orgoglio per la stanzialità
patriottica: non più un figlio degli Abruzzi natii (Chieti, città degli
antichi Marrucini, guerrieri dal dialetto osco-umbro presto
romanizzati), ormai soltanto un rampollo qualunque del melting pot
italo-canadese (con residenza in Svizzera, peraltro).
E’ anche questo il sottotesto implicito nella requisitoria di Diego Della Valle da Sant’Elpidio a Mare
(Sallupijo, in dialetto locale, Marche rivierasche). In realtà pure
l’uomo delle scarpe coi pallini non scherza quanto a irraggiamento
internazionale, diversamente non sarebbe il commerciante che è, come lo è
Marchionne. Ma, a differenza di quest’ultimo, Della Valle sembra voler
insistere sguaiatamente su una differenza di status (io sono un
padroncino, tu resti un salariato) che vela appena la dissimiglianza dei
caratteri. Perché la bottega di Della Valle è rigonfia di quattrini (in
gergo: liquidità) e lui ci tiene da morire a farlo sapere. Lo si
arguisce dalle sue parole – è diventato un urlatore nei salotti che gli
fanno fare anticamera, eppure ha tirato giù Geronzi dalla vetta di
Generali e ora vuole fare stragi omeriche in Rcs – e più ancora dalle
sue movenze, dai tic e dalle smorfie in cui solitamente si manifesta
l’ego di una persona (dall’etrusco Phersu=maschera). Ecco, quello di
Diego lo Scarparo è un ego impaziente di riconoscimenti che si condensa
nella capigliatura ravviata di continuo, nei braccialetti seriali ai
polsi, nei gessati da paesano metropolitano. “Guardami – sembra sempre
gridare anche quando è muto – sono tanto ricco da poterti fare la
lezione di vita”.
E così è andata con Marchionne, che di suo ha scelto
un’altra teatralità non meno egolatrica ma più efficace. Stessa
sprezzatura, magari, però espressa con il profilo basso di uno che può
vestirsi di stracci (costosissimi) e di barba penitenziale perché tanto,
quando gli va, alza il telefono e dall’altra parte risponde Barack
Obama. Sergio il Carrettiere è a modo suo uno che ha fatto fortuna in
“Ammerica” e poi è diventato famoso grazie alla prima industria
manifatturiera italiana, quella Fiat che ha deciso di spiantare dal
giardino inaridito di un’Italia di cui non ha bisogno né rimpianto. Pur
sempre noblesse de robe, quella di Sergio, ma sciacquata nell’Atlantico,
aristocratizzata dal marchio sabaudo di cui è espressione, distante
quanto basta dall’attuale coda di cometa del vecchio stile Agnelli; e
fin troppo luccicante se messa a paragone di certa arrembante foga
bottegaia. Se vuole fare rumore, discolparsi, contrattaccare, minacciare
o promettere pace, Marchionne ha un direttore come Ezio Mauro a fargli
da interlocutore e un’intervista baritonale assicurata in prima pagina
su Repubblica. Della Valle, quando è mosso da un attacco di moralismo
politico, deve acquistare le pagine interne ovvero, per conquistarsi le
copertine, prendere a scarpate un Marchionne al giorno e poi
attraversare con cura sulle strisce per non finire investito dal suo
carretto.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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