domenica 17 ottobre 2010

Buona Domenica!


“Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro…ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo”… Le parole rivolte da San Paolo a Timoteo, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, costituiscono un vero e proprio vademecum per la cristianità, che parte dal rischio patologico sempre in agguato per indicare l’unico rimedio possibile.

È proprio vero che tendiamo, oggi come e forse più di allora, a privatizzare la fede, a ricondurla solo nell’ambito più strettamente personale, ad evitare ogni contaminazione religiosa del nostro agire quotidiano nel mondo…arrivando conseguentemente a credere “ciascuno a suo modo”, o peggio – nei casi più disperati – a divulgare messaggi che si sarebbero ricevuti direttamente dall’Alto, magari grazie a qualche provvidenziale apparizione che finalmente ci esoneri da una sincera e più impegnativa ricerca di Dio…

E così, guardando ciascuno al proprio orticello intriso più di abitudine che di convinzione, naturalmente santo…che più santo non si può, la cristianità pullula di maestri/censori col patentino in regola per giudicare il mondo, mentre di un po’ più credibili testimoni/discepoli del Signore Gesù si continua ad avvertire una gran penuria…

La soluzione, però, parrebbe a portata di mano! Vescovo, prete o laico che tu sia…spogliati una buona volta delle tue ambizioni, dei tuoi preconcetti, delle tue paure, delle tue codardie, dei tuoi opportunismi, e con la forza che puoi trarre soltanto da Dio…comincia un po’ a soffrire per questo Vangelo! Hai capito o no che questa buona notizia, se non la tradisci alla prima occasione per i tuoi beceri interessi, è scandalosa ed inaccettabile agli occhi del mondo, e ti può render la vita difficile? Ti rendi conto che non puoi evitare di testimoniarla coi fatti, a meno di non svendere te stesso e la tua presunta fede per biechi calcoli di potere che gridano vendetta al Cielo? Sei disposto a rimetterci in proprio, pur di salvare la libertà e la dignità di chiunque, oppure hai in mente il Dio ingiusto che traspare da alcune delle parole del profeta Abacuc nella prima lettura, il quale “resta spettatore dell’oppressione”, e dunque bene o male ti autorizza a barcamenarti alla meglio sulla pelle degli altri??

L’apostolo di Tarso ci ricorda anche che lo Spirito del credente autentico non è di timidezza e rassegnazione, ma deve essere di forza e carità nella prudenza…che non significa scendere a compromessi sul risultato, ma anzi adoperarsi nel modo più oculato per raggiungerlo in pienezza! Il dono di Dio che è in noi e va ravvivato, insomma, non è la fede, ma l’amore incondizionato di cui è stato capace Gesù… La fede non è un dono che qualcuno riceve ed altri no, il Signore non fa certo figli e figliastri…è semmai la consapevole accettazione, possibile per tutti, dell’amore del Padre, questo sì donato, all'intera umanità e per sempre! Il vero problema sta anzitutto nello scoprirlo, passaggio purtroppo non scontato, e poi nel saperlo accettare sul serio, comportandosi di conseguenza…

A differenza di alcuni dei loro successori, lo sanno bene i primi apostoli, che ritenendosi del tutto incapaci dei livelli d’amore indicati da Gesù, gli chiedono: “Accresci in noi la nostra fede!”… Il Signore non vuole forzare la loro libera accettazione dell’amore incondizionato di Dio, ma coglie l’occasione per avvertirli del rischio di autosufficienza ed autoaffermazione in cui ogni credente potrebbe incappare! “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”… Ecco il corretto atteggiamento mentale del discepolo, Vescovo, prete o laico che sia…conscio della proprie miserie, prima che di quelle degli altri, e con la rotta di vita orientata soltanto da Gesù, unica stella polare cui fare riferimento, e magari da incontrare almeno d’ogni tanto nel proprio cuore, come recita un intramontabile e bellissimo canto liturgico…

Chiediamo al Signore che il suo Spirito d’amore contagi il cuore indurito di chi, ad ogni livello, ed anche nel nostro ambito ecclesiale, ragiona più per opportunismo che secondo coscienza… Perché davvero nulla e nessuno ostacoli il renderti testimonianza, e perché la forza che sgorga da te solo sostenga chi intimamente soffre per il Vangelo, che alle volte rimane così meschinamente bistrattato, e che però, noi lo crediamo, è destinato a trionfare nella pienezza del Regno!

Buona settimana a tutti,
Matteo


Viviamo tempi difficili, lo vediamo tutti.
La crisi economica picchia duro e non si vedono prospettive.
Sono anch’io della generazione di quelli che non hanno certezze per il futuro, pur avendo voglia e qualità. Molti dei miei coetanei non sanno se avranno mai versato contributi a sufficienza per ricevere una pensione. Alcuni genitori mi raccontano, sconfortati, della rassegnazione dei loro figli neo-laureati presi per il naso da stages infiniti e contratti a termine.
Lo spettacolo sconcertante del mondo politico di questi ultimi mesi, poi, non giova. Al di là della vostra convinzione politica (io, dai confini dell’Impero, cerco di non schierarmi troppo), bisogna riconoscere con amarezza che si è raschiato il fondo del barile, in un vortice di “peggio” che ha scordato ogni valore etico, pure tanto decantato quando si tratta di raccogliere consensi elettorali.
Anche nella Chiesa, poi, non scherziamo: a volte i credenti hanno l’impressione di essere messi all’angolo, attaccati nell’essenza stessa della fede. Non ha aiutato certo l’11 settembre e chi ha identificato tout court la fede col fanatismo. Così, senza fare troppo clamore, si insinua l’idea che tutte le fedi diventino radicalismi, che ogni istituzione (Chiesa in primis) esistono affinché alcune persone conservino i propri privilegi. Non passa giorno che sui quotidiani finiscono vicende che vedono come protagonisti preti o vescovi, situazioni a volte drammatiche e da vagliare con serietà e serenità, certo, ma, molto più spesso, situazioni trattate con un delirante moralismo che ha sostituito la sobria morale derivante dal Vangelo.
Quando si toglie Dio non è vero che non si crede più in nulla: si finisce col credere a tutto.
Ma alle antipatie del mondo che in nome della tolleranza bolla la Chiesa come intollerante, è arrivato il drammatico scandalo della pedofilia che, come dice bene il Papa, è la più dura prova da affrontare dai tempi dei martiri dei primi secoli.
Così la Chiesa è chiamata ad affrontare questi tempi senza ergere steccati, senza parlare la stessa lingua o battere la stessa moneta del mondo imbarbarito.
Quando il mondo parla a sproposito della Chiesa, la Chiesa è chiamata a parlare di Cristo.
E a fidarsi del suo Maestro che non l’ha mai abbandonata anche quando i cristiani smontavano la credibilità della Chiesa pezzo per pezzo.
Davanti a tutto questo, la preghiera dei discepoli, oggi è la nostra.
Accresci in noi la fede, Signore.
Abacuc
Abacuc è sconfortato, come non capirlo? Il piccolo e ostinato popolo di Israele deve continuamente lottare per sopravvivere in mezzo ai giganti: gli egiziani e gli assiri prima, i babilonesi poi… tutta la storia è un susseguirsi di invasioni e colpi di stato, di tragedie e di ingiustizie.
Ora ai confini di Israele premono i Caldei.
Il profeta, esasperato, rivolge la propria preghiera a Dio: ha un bel difenderlo di fronte al popolo, ma come si fa a suscitare la fede in un popolo esasperato?
Dio risponde invitando Abacuc e Israele alla fede, a conservare la fede, la fiducia.
Come Eleazaro domenica scorsa, Dio promette di stringere tra le proprie braccia con immenso affetto il giusto che vive a causa della fede.
Profeti di ieri e di oggi si scontrano continuamente con la stessa disarmante obiezione: dov’è Dio quando l’uomo scatena la propria violenza? Quando prevale la tenebra? Quando il giusto è irriso e disprezzato?
E la Parola oggi risponde: solo con la fede possiamo osare.
Fidarsi
Abacuc è invitato a fidarsi, Timoteo riceve una commovente lettera da Paolo incarcerato ed è invitato a fare memoria della propria vocazione episcopale, gli apostoli, dopo un primo galvanizzante momento di euforia per i successi conseguiti dal Nazareno, cominciano a scontrarsi con il proprio limite e con l’ostilità di alcuni farisei e sentono la fiammella (timida) del credere lentamente vacillare.
Fidatevi, dice la Parola, fidati, affidati, diffida delle tue presunte certezze.
La fede è il ragionevole abbandonarsi nelle braccia dell’amato, nel gesto incosciente e ovvio del bambino che si getta fra le braccia del padre.
Non siamo chiamati a fidarci di un mistero imperscrutabile, a seguire ciecamente gli ordini della divinità, ad abbassare la testa alla volontà ostica e incomprensibile di una
moloch a cui dobbiamo credere.
Il Dio di Israele chiede fiducia, il Dio che ha camminato nel deserto e sofferto, il Dio che ha accompagnato e illuminato una tribù di beduini facendola divenire popolo della speranza, il Dio che ha illuminato i re di Israele, il Dio che ha strappato degli uomini dal pascolo e dalla terra consacrandoli profeti, il Dio che - esausto - è diventato uomo (fragilità, stanchezza, sudore, decisione, rischio) per raccontarsi chiede fiducia, non uno qualsiasi.
Il Dio che ha dimostrato milioni di volte quanto dolorosamente ama.
Fiducia in Lui
Fiducia nel Nazareno rivelatore del padre, figlio del Dio benedetto che ha sconvolto la vita dei suoi discepoli svelando il volto del Padre morendo sulla croce.
Fidatevi almeno quanto un granellino di senapa, dice il Maestro.
Abacuc non lo sa, ma l’ennesimo scontro con una cultura straniera obbligherà Israele a riscoprire le proprie radici e diventare (tornare ad essere?) segno nel mondo.
Paolo non lo sa, ma le sue parole doloranti e aspre saranno prese dallo Spirito Santo e riempite di Dio così che noi, oggi, leggiamo la Parola di Dio sulle labbra screpolate di Paolo lo scoraggiato e irrequieto apostolo.
Pietro e Giovanni e gli altri non lo sanno, ma la loro fede, più piccola di un granellino di senapa, crescerà e diventerà un immenso albero alla cui ombra ci riposiamo noi, pavidi discepoli del terzo millennio…
anche quando i cristiani smontavano la credibilità della Chiesa pezzo per pezzo…
Leggerezza
Amico: abbandonati nelle braccia di Dio; ma sul serio, non per finta.
Conosco persone che – con l’acqua alla gola – mettono alla prova Dio.
Si fidano a parole ma non si staccano dalla riva per prendere il largo.
A volte la nostra vita è irrequieta e piena di dubbi ma non ce ne stacchiamo, invochiamo Dio, senza poi lasciargli la possibilità di agire e di salvarci; invochiamo Dio, sì, spiegandogli, però, cosa deve fare.
Vuoi essere discepolo? Metti la tua vita e la tua volontà nelle mani del Maestro: davvero, sul serio. Occhio però: normalmente Dio ascolta, spesso in maniera così eclatante che ti viene da sorridere.
L’unico serio rischio della preghiera è che Dio ci ascolti, l’unica controindicazione dell’abbandonarsi in Dio è che poi rischi pericolosamente la santità.
Seconda provocazione: siamo servi inutili. Cioè il mondo è già salvo, non dobbiamo salvarlo noi.
A noi è chiesto di vivere da salvati, a guardare oltre, al di là e al di dentro.
A noi Gesù chiede di vivere come uomini di fede, a camminare nel nostro cammino con un cuore compassionevole e gravido di pace, fecondo e accogliente. Con leggerezza.
Per il resto lasciamo a Dio fare il suo mestiere.
(Don Paolo CURTAZ) 

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