lunedì 15 settembre 2008

Le piccole cose

Sin da bambina "mi hanno sempre imparato" (sono campana di origini) a giudicare il mio prossimo e a giudicarlo dalle piccole cose.
Da grande ho smesso di perdere il mio tempo prezioso a mettere etichette qua e là alle persone ma mi è rimasto il piacere di gustarmi le piccolissime manifestazioni di affetto, anche se non ho ancora acquisito il modo per reagire ad esse.
Cioè: ho facilità a notare anche le sfumature delle cose ma non ho la capacità di palesarlo.

Con Alice è stato così.
Non ci frequentavamo molto ma sapevo che anche lei era una ragazza di chiesa e così quando ho avuto un problema che riguardava quella sfera non ho avuto dubbi su chi chiedere una mano.
Intanto avevo idea di trovare un modo per farmi vedere da lei come una ragazza "a modino" e di rientrare nel suo giro d'amicizie visto che ne ero uscita per volere di una nostra amica comune, tale Valeria (detta Vale). Ho detto che ho acquisito sin dal latte materno la capacità di vedere anche le cose minuscole ma non ho ancora acquisito nemmeno adesso la tempistica giusta per fare le cose.
Quando mi sono avvicinata ad Alice per chiedere una soluzione, anzi la sua soluzione al mio problema, lei era forse nella peggiore condizione di ascoltarmi: era tutta la mattina che inseguiva Simona, una compagna di classe all'epoca incinta con il forte desiderio di abortire. E Alice voleva fortemente evitare questo "omicidio" (parole di Alice).
Dalla parte di Simone c'era Asia, grandissima amica di Alice e compagna di avventure e di sventure.
Alice non voleva affrontare Asia ma se la trovava sempre davanti come se Simona mettesse avanti lei per ripararsi.
 Così avevo Alice fuori dai "cessi" della scuola con Asia vicina che si agitava per convincerla a lasciare perdere l'incontro chiarificatore tra Alice e Simona.
Ed io a dire: - "Alice cara ce l'hai un minuto tutto per me? Ho un problema importante che mi assilla da settimane....."
Alice: - "Se posso esserti utile dimmi, tranquilla"
Alice sapeva dire le cose con un sorriso sulle labbra che sembrava che aveva aspettato per tutto il giorno l'incontro con te. Così ho preso coraggio e le ho detto tutto d'un fiato:
- "Quando in chiesa scelgono me per dire il Rosario io dico sempre Amen alla fine del Padre Nostro e questo lo so benissimo che non si deve dire ma mi confondo. Poi dopo che lo dico, se sento del brusio penso che mi stanno criticando e mi emoziono e commetto moltissimi altri errori. Come posso fare?"
Temevo fosse arrabbiata con me, invece alzo gli occhi e vedo che Alice mi guarda dentro (forse per vedere se la prendevo in giro), mi accenna un sorriso rasserenante, dà un'occhiata ad Asia che sembra "un trenino con le pile scariche" (modo di dire di Alice per dire di una pazza che ti gira sempre intorno e poi via via rallenta), poi mi dice: - "Non è difficile: quando finisci il Padre Nostro e dici A... per dire Amen, allunghi la "Aaaa..." e dici Aaaaave Maria, piena di grazie, ecc ecc..."

Una sciocchezza, lo so, ma ogni volta che ora recito il "Pater Ave Gloria" mi ricordo di Alice e sorrido come mi sorrise lei quel giorno.
E quei giorni in cui non riesco ad avere ricordi di Alice mi soffermo a recitare tantissimi Pater Ave Gloria e mi sento in comunione con lei.
La vera comunione dei Santi, come dice la Chiesa...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Brava Giada, stai facendo proprio un bel lavoro.
Alice sarà contenta di te.
Simo